Gli ultimi veri eroi
C’è sempre il Tempo, al centro della poetica di Richard Linklater. Del resto è una consuetudine, poiché pochissimi autori cinematografici hanno avuto la capacità di riflettere su quanto lo scorrere dello stesso, osservato da ogni angolazione morale possibile, incida sulle persone. In Last Flag Flying – opera presentata nell’ambito della Selezione Ufficiale della dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma – è il passato a finire sotto la lente d’ingrandimento dell’autore texano. Un passato piuttosto remoto, con riverberi sul presente, che vede coinvolti tre marines che hanno prestato servizio in Vietnam molti anni addietro ritrovarsi nel dicembre 2003 su iniziativa di uno di loro. Il quale, grazie alla miniera d’informazione che garantiva già allora il web, scopre residenza e occupazione degli altri due. Ma Larry “Doc” Sheperd nasconde un doloroso segreto, dietro questa riunione fuori tempo massimo: suo figlio Larry Jr. è stato infatti ucciso nel corso di un attentato a Baghdad. Chiederà dunque ai suoi vecchi amici di accompagnarlo ad accogliere e seppellire la salma, dopo aver recentemente perso anche l’adorata moglie a causa di un tumore al seno.
Messa così, la trama di Last Flag Flying, a chi non conoscesse il cinema di Linklater, potrebbe sembrare uno scoraggiante lungometraggio proteso a spremere quante più lacrime possibili alla platea. Ovviamente le cose non stanno in questo modo. Perché il miracolo che caratterizza qualsivoglia parto registico di Linklater si perpetua ogni volta, neanche si trattasse dello scioglimento del sangue di San Gennaro. Pochissimi cineasti – pensiamo anche, tra gli indipendenti americani, al Kenneth Lonergan di Manchester by the Sea, peraltro ammirato proprio nella scorsa edizione della Festa del Cinema romana – sanno trovare quel magico punto d’equilibrio tra dramma e commedia, tra sincera commozione e risata liberatoria. Quei momenti che riproducono esattamente le contraddizioni insite nell’esistenza, continuo alternarsi tra molti dolori e qualche gioia. Anche in Last Flag Flying (letteralmente L’ultima bandiera sventolante) il fattore Tempo agisce da sipario in movimento che svela verità mai venute alla luce in precedenza. Un road movie dell’anima che – al pari di film come La vita è un sogno (1993), Prima dell’alba (1995) o il recente, in quest’ottica assolutamente radicale, Boyhood (2014) – accompagna per mano personaggi e spettatori, uniti da un forte legame empatico, nello spettacolo intimo di una crescita individuale e/o plurale. Tutto ciò racconta Last Flag Flying, celando la sua bellezza nei dettagli: nelle parole non pronunciate, negli sguardi appena accennati, nell’umorismo che irrompe per difesa di fronte a drammi altrimenti insopportabili, in quei silenzi persino troppo significativi per essere tollerati. Con l’ansia di verità, sopraggiunta appunto con l’avanzare dell’età e contrapposta alle bugie istituzionali, che può trovare però talvolta la strada sbarrata da una dolce bugia detta con il cuore in mano, nella sequenza forse più toccante dell’intero film. Della quale preferiamo non anticipare nulla per lasciare intatta l’emozione.
Come ovvio i tre interpreti, straordinari, sorreggono da par loro il peso dell’intera opera. Uno Steve Carell magnificamente annichilito dal dolore ne ruolo di Larry, un Laurence Fishburne minato nella salute mai aiutato dalla Fede di cui è promotore in qualità di reverendo e soprattutto un Bryan Cranston logorroico e iconoclasta, dal linguaggio sboccato sebbene pronto a fermarsi prima di arrecare inutile dolore. Un gioco di squadra attoriale a dir poco splendido che tramuta le due ore abbondanti di durata del film in una festa per cuore e mente appena intaccata da un epilogo durante il quale fa probabilmente capolino un filo di retorica patriottica. Sempre però strenuamente “umanista”, nel desiderio di raccontare la storia di coloro i quali, nelle guerre combattute, ci credevano veramente. E durante esse hanno perduto la vita oppure hanno sono stati costretti a seppellire qualche congiunto. I veri eroismi sono sempre quelli che accadono fuori dai riflettori, ci suggerisce con discrezione Last Flag Flying. C’è solo da ringraziare Linklater per avercelo ricordato una volta di più.
Daniele De Angelis