Robot con gli steroidi
L’anteprima di Mazinga Z Infinity era senz’altro tra le più attese, in questa dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Soprattutto da parte di chi, come il sottoscritto, con le serie animate di Gō Nagai ci si è praticamente formato. I canoni fondamentali dei vari cartoni con protagonista un Super Robot si può dire che sia stato proprio lui, il papà di Goldrake, Mazinga e Jeeg Robot, a stabilirli. Curioso è semmai che il primo della fortunata serie, ovvero Mazinga Z, nato come manga nel 1972 e riadattato poi come anime dalla Toei Animation, in Italia ci sia approdato successivamente agli altri, sfruttandone l’enorme e per certi versi inaspettato successo. Un curioso paradosso spazio-temporale, a ben vedere. Magari piccolo, se lo si paragona a quelle distorsioni dello spazio-tempo dagli esiti potenzialmente catastrofici cui viene introdotto gradualmente lo spettatore, nel corso di Mazinga Z Infinity…
Fatto sta che al termine della visione un lungometraggio del genere lascia in bocca una strana sensazione, di sicuro agrodolce, poiché alla gioia e alla soddisfazione per aver visto combattere di nuovo i robottoni della nostra infanzia (tra l’altro c’è pure Il Grande Mazinger, tra gli invitati alla festa) si affianca ben presto l’impressione che qualcosa, a margine di tale intento celebrativo, sia andato irrimediabilmente perduto. Il lungometraggio diretto da Junji Shimizu è del resto un prodotto che si colloca ben 45 anni dopo la nascita del personaggio in questione. Aggiornare l’estetica relativa all’animazione dell’epoca e aggiungere qualcosa di rilevante anche sul piano narrativo era quindi un passaggio obbligato. La nostra idea è che però questa operazione sia riuscita solo in parte. E le maggiori stonature sono da individuare proprio nella natura e nella rappresentazione degli interminabili combattimenti, dei duelli all’ultimo sangue (o all’ultimo circuito) tra robot schierati a difesa della Terra e mostri di vario genere.
Non abbiamo usato il termine “duello” a caso. Seguendo uno schema ripetitivo ma in fondo sempre appassionante, tanto in Mazinga Z che nelle altre serie robotiche create da Gō Nagai il momento dello scontro tra l’invincibile Super Robot difensore della giustizia e gli invasori di turno si presenta pressoché come un rito. Ecco che riecheggiano in aria nomi altisonanti di armi temibili, pronunciati in genere da Koji Kabuto o da altri piloti dei robot lanciati all’attacco. E tendenzialmente l’avversario con cui si scatena una lotta furibonda è uno solo. Altre volte sono un paio o poco più, le gigantesche creature e i mostri meccanici con cui si confronta l’eroe. Mentre in Mazinga Z Infinity un primo motivo di spaesamento è proprio il taglio ipertrofico dato alle sequenze di battaglia, a partire da quella iniziale che vede un redivivo grande Mazinga, pilotato come sempre da Tetsuya, contrastare l’improvviso attacco portato dapprima in America da uno sciame di nemici così fitto da saturare l’inquadratura. Non solo! Oltre a Mazinga combattono per gli umani, negli States come dopo anche in Giappone, diversi robot, più fragili e invero inefficaci, il cui proliferare pare esercitare un rimando ai classici “mobile suit” di Gundam, prima ancora che a Gō Nagai.
Si spera che questi brevi cenni siano serviti a circoscrivere il difetto per noi più evidente della nuova, iperbolica avventura di Mazinga Z, che non sappiamo ancora se ritenere conclusiva o tesa piuttosto al rilancio della saga: la perdita di quella linearità, dell’essenzialità stessa che caratterizzava le vecchie serie animate, anche sul piano dell’azione. Ma tutto ciò forse era inevitabile. E quale ricaduta positiva del processo di “svecchiamento” vi è d’altro canto lo svilupparsi di una trama che, pur ammiccando al passato dei personaggi principali (decisamente più smaliziati, cresciuti, desiderosi persino… di formarsi una famiglia!), integra tensioni nuove, che aggiungono parecchio pepe alla vicenda. Il ritorno dei vecchi nemici di Mazinga Z (a partire dal leggendario Dottor Inferno, sconfitto in realtà diversi anni prima) si deve proprio a eccezionali scoperte riguardanti l’utilizzo dell’energia fotonica e a conseguenti, rischiosi interventi sull’assetto del Multiverso, rappresentato qui in linea con le più affascinanti teorie (fanta)scientifiche sui “possible worlds”. La nuova minaccia a un certo punto rischia infatti di annientare lo stesso Universo conosciuto, assieme alla Terra. E siamo sempre lì: l’impronta misticheggiante e filosofica conferita a tali eventi può ricordare manga e anime di gran lunga più recenti, vedi ad esempio Neon Genesis Evangelion, il che se da un lato fa pensare a un update non banale della poetica originaria di Gō Nagai, dall’altro rischia continuamente di stravolgerla. Robottoni gonfiati quindi con gli steroidi? In parte sì. Ma pur deviando considerevolmente da certi percorsi Mazinga Z Infinity resta comunque un tributo allettante, godibile, allorché il caro vecchio Mazinga Z, suo “cugino” il grande Mazinger, il come sempre buffo Boss Robot e qualche spregiudicata new entry (nota di merito, qui, per le poppute Mazin-Girls, modellate sulla falsariga delle idol giapponesi) sono costretti a coalizzarsi, per respingere una minaccia davvero apocalittica.
Stefano Coccia