Home In sala Ancora in sala La misura del dubbio

La misura del dubbio

239
0
VOTO: 7

La verità fa male

Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale nella sezione Special Screenings del 77° Festival di Cannes, arriva nei cinema italiani dal 19 settembre con BiM Distribuzione, La misura del dubbio (tit. orig. Le fil) che ha segnato il ritorno dietro la macchina da presa di Daniel Auteuil, qui alla quinta regia a sei anni dal precedente Sogno di una notte di mezza età. Diversamente dal passato però ha deciso di non adattare pièce come nel caso de L’Envers du décor di Florian Zeller e dalle produzioni teatrali di Marcel Pagnol, bensì di puntare su qualcosa di diverso, traducendo per il grande schermo uno dei fatti di cronaca giudiziaria realmente accaduti raccontati nella raccolta Au Guet-Apens, chroniques de la justice pénale ordinaire scritta dal penalista Jean-Yves Moyart sotto lo pseudonimo di Maître Mô.
Il cambio di rotta però non ha riguardato il modus operandi che l’attore algerino di adozione francese ha utilizzato ogniqualvolta ha deciso di dirigere un film, firmando sempre con lo sceneggiatore di turno (in questo caso Steven Mitz) lo script e non rinunciando mai alla recitazione. Auteuil si è infatti ritagliato sempre un ruolo principale nei suoi lungometraggi, facendosi affiancare da colleghi affidabili e di comprovata esperienza, oltre che di grande bravura, come in quest’occasione da Grégory Gadebois, Sidse Babett Knudsen e Alice Belaïdi. In La misura del dubbio si è calato nei panni dell’avvocato Jean Monier, noto per essere riuscito a far assolvere un assassino recidivo, ma che, dopo questo caso eclatante, ha scelto di non accettare altri incarichi di giustizia penale. Quando incontra Nicolas Milik, un padre di famiglia accusato dell’omicidio della moglie, Jean viene toccato profondamente dalla storia dell’uomo, che fa vacillare le sue certezze. Convinto dell’innocenza del suo cliente, l’avvocato è disposto a tutto pur di fargli vincere il processo in Corte d’assise, ritrovando in questo modo il senso della sua vocazione.
Auteuil ha scritto, confezionato e interpretato il classico legal movie che tanto è andato e continua ad andare di moda oltralpe, basti pensare ai recenti Anatomia di una caduta, Saint Omer e Il caso Goldman. Lo fa affidandosi agli stilemi e alle regole d’ingaggio del filone, ambientando gran parte del racconto tra le mura di un’aula di tribunale laddove si consumano le fasi processuali, uscendo da esse per ricostruire in maniera cronologicamente non lineare con l’ausilio di flashback una verità via via sempre più sconvolgente che in zona Cesarini darà allo spettatore un ultimo, imprevedibile e potente pugno alla bocca dello stomaco. Coloro che hanno già avuto contatti con la vicenda in questione attingendo dalla cronaca o dalla matrice letteraria di Moyart sanno già a cosa ci stiamo riferendo e di quale agghiacciante verità si sta parlando, tuttavia l’incalzante e avvincente percorso narrativo che porterà all’epilogo sarà comunque in grado di coinvolgere il fruitore tenendo sempre alta la tensione dal primo all’ultimo fotogramma utile. La stessa cosa è valida anche per la restante fetta di pubblico che non ne era a conoscenza, con in più il gusto di una scoperta che prevede una serie di efficaci colpi di scena in prossimità dell’epilogo che spazzano via i dubbi e le ipotesi, demolendo certezze e convinzioni fino a portare alla galla una verità che atroce.
Peccato solo per alcune digressioni presenti sulla timeline, vedi quella del toro e del torero, che appaiono a conti fatti solo delle parentesi accessorie che non contribuiscono in maniera significativa e concreta alla causa e della quale non si capisce la reale utilità ai fini drammaturgici e narrativi. Queste infatti appaiono più un vezzo che una fonte di arricchimento per la trama, il suo sviluppo e per il disegno dei personaggi. Personaggi primari e secondari che al contrario sono ben delineati e che le performance attoriali degli interpreti scritturati, a cominciare dallo stesso da Auteuil e da Gadebois, valorizzano ulteriormente. La misura del dubbio in tal senso punta molto e rende centrale la dinamica che si crea tra l’accusato e colui che è stato chiamato a difenderlo. Questa a livello di temperatura emotiva e suspense è molto forte e intensa, simile per certi versi, seppur con traiettorie e atmosfere diverse, a quella che legava a doppia mandata l’avvocato Martin Veil e il suo assistito Aaron in Schegge di paura. La scelta, a nostro avviso azzeccata e funzionale rispetto alla natura e alle caratteristiche somatiche della storia, di spostare l‘azione e l’ambientazione dal nord a un sud della Francia che Auteuil conosce bene, essendoci cresciuto, ossia quello atipico, ansiogeno e magnetico delle paludi della Camarga, permette al racconto di tingersi anche dei colori del polar e del thriller, aggiungendo altre sfumature alla tavolozza del legal movie.

Francesco Del Grosso

Articolo precedenteMaking of
Articolo successivoInu-Oh

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

5 × cinque =