Tremate, tremate, i mostri son tornati!
26 maggio 2019, anteprima di Godzilla II – King of the Monsters a Cinecittà World.
Cappellino d’ordinanza, prelevato in uno dei negozietti del parco, con la sagoma stilizzata dell’amatissimo mostro. Giretto esplorativo tra le nuove attrazioni, su tutte l’adrenalinico (e consigliatissimo) In-Cubo (Cinema interattivo in 6D). E poi di corsa al Teatro 1, perché certe maestose creature non amano aspettare. C’è il serio rischio che vadano su tutte le furie e si carichino di energia radioattiva. Per poi rilasciarla tramite raggi distruttivi di inaudita potenza!
Del resto, parafrasando il celeberrimo pennello Cinghiale, “per una creatura grande, ci vuole uno schermo grande”. E in tal senso dell’enorme schermo di Cinecittà World non ci si può certo lamentare. La stessa tagline dello scadente Godzilla di Roland Emmerich datato 1998 affermava che “le dimensioni contano”. Forse l’unica verità contenuta in quel film, maldestra riproposizione dell’incommensurabile archetipo cui aveva dato vita il compianto “papà” della creatura, Ishirō Honda, nel lontano 1954. Dal suo Gojira (Godzilla, appunto) ha preso il via tutto quanto. Ma non è (solo) con una così grande eredità che si è dovuto confrontare questo nuovo capitolo cinematografico (il 35°, stando a chi si è offerto di conteggiarli), diretto da un Michael Dougherty che finora non ci aveva regalato prove memorabili né come regista né come sceneggiatore. Il testimone gli è stato passato invece da “mister rivitalizzatore di generi, miti & saghe cinematografiche” Gareth Edwards, ovvero il cineasta britannico cui si devono tanto il rispettoso ed avvincente Godzilla del 2014 che, soprattutto, il successivo Rogue One: A Star Wars Story, autentica boccata d’ossigeno per quel pubblico di Guerre Stellari che per il resto ha visto progressivamente naufragare il brand nella melassa disneyana.
Tornando al Godzilla di Gareth Edwards, sorprendente adattamento occidentale dei temi e delle modalità rappresentative del kaijū eiga nipponico, ideale ponte sospeso tra est ed ovest dell’immaginario cinefilo, ci sentiamo di sottoscrivere pienamente l’efficace sintesi riportata dall’orientalista e studioso di cinema Riccardo Rosati, a suo tempo, sulla rivista EreticaMente: “Infine, il mostro più riverito al mondo è “rinato” nel 2014 grazie alla Warner Bros. e alla Legendary Pictures che hanno prodotto un epico film d’azione. Dal visionario regista Gareth Edwards (Monsters, 2010) arriva una storia fatta di coraggio umano e riconciliazione davanti a titaniche forze della Natura, con Godzilla che è in grado di generare terrore, ma anche di riportare l’equilibrio a una Umanità priva di difese. Una pellicola, questa, consigliatissima agli appassionati del genere.”
Orbene, in Godzilla II – King of the Monsters il discorso riparte proprio da lì, dal rapporto sempre più precario tra Uomo e Natura, laddove la scoperta dei “Titani” (così vengono più volte chiamate le gigantesche, leggendarie creature) e il temporaneo letargo di Godzilla non sembrerebbero essere servite a molto, perché la razza umana ha capito solo in parte la lezione e continua a compiere azioni sconsiderate. Tipo risvegliare i bestioni più pericolosi tramite il blitz di un gruppo di eco-terroristi, il cui folle disegno prevede che a quella incessante opera di distruzione delle metropoli venga affidata una palingenesi completa dell’umanità. Ben presto il già assurdo progetto sfuggirà loro di mano: mostri di tale levatura non si fanno certo comandare a bacchetta, sebbene compaia proprio in questo film un congegno ideato per ammansirli un po’. Insomma, un approccio diverso, ma ugualmente intriso di hýbris, riconducibile a quella volontà umana di forzare i confini dell’ordine naturale che in film del genere non dà mai buoni frutti, eufemisticamente parlando…
Raccogliendo il testimone dall’ottimo Edwards, un diligente Michael Dougherty ha saputo quindi lavorare bene sull’elemento umano della vicenda, creando qualche contrasto di un certo spessore a livello di carattere e di obiettivi. Senza magari eguagliare, va detto anche questo, l’armonia drammaturgica del film che il predecessore aveva diretto. Ma l’elemento spettacolare pure qui tiene bene. E fermo restando che Godzilla vede confermato alla fine il proprio ruolo di superpredatore, di dominatore incontrastato, di autentica “star” della pellicola, altri grandi nomi vengono recuperati dal meraviglioso bestiario dei kaijū eiga precedentemente realizzati in Giappone. In primis si fa notare la furia alata dell’antagonista per eccellenza, King Ghidorah, il drago a tre teste la cui forza devastatrice ha un’origine, dettaglio non trascurabile nell’economia del racconto, aliena. Nota di merito, infine, per Mothra, la meravigliosa falena gigante il cui appeal esoterico e misticheggiante, emerso sin dai lungometraggi giapponesi dei decenni passati, viene sostanzialmente rispettato anche in questo robusto, movimentato revival.
Stefano Coccia