Home AltroCinema Documentari Fellini Fine Mai

Fellini Fine Mai

126
0
VOTO: 8

L’omaggio del Ravenna Nightmare a Federico Fellini

Come per tanti di coloro che sono da sempre posseduti da un amore viscerale per la Settima Arte, anche per Eugenio Cappuccio, regista de Il caricatore (insieme a  Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata), Volevo solo dormirle addosso, Uno su due Se sei così ti dico sì), Federico Fellini ha incarnato un punto di riferimento imprescindibile, a partire dal quale dedicare la propria vita a quella gloriosa parata di inarrestabili immagini in movimento che è il Cinema. Diplomato nel 1985 presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, in sceneggiatura cinematografica e televisiva, Cappuccio è stato assistente di Federico Fellini sul set del film Ginger e Fred, sebbene avesse già cominciato a frequentare il regista riminese sin dal 1981, tessendo con lui una preziosa amicizia che – va da sé – ne ha segnato fatalmente la carriera e l’esistenza.

Piace di Fellini Fine Mai, documentario selezionato alla Mostra del Cinema di Venezia 2019 nella sezione Venezia Classici Documentari ed ora anche al Nightmare Film Fest 2020 (emblematicamente ribattezzata Celebrazioni, la sezione che ha ospitato tale tributo), l’originalità e, soprattutto, l’onestà del suo autore, il quale, senza strizzare l’occhio al pubblico con la riproposizione dei soliti cliché del circo fracassone felliniano (la marcetta di e giù di lì, per intenderci), restituisce una personale testimonianza, tracciando un ritratto non convenzionale del Maestro. Partendo da un celebre adagio felliniano, “L’unico realista è il visionario”, Cappuccio, nella prima parte del documentario, rievoca il Fellini degli inizi, senza mostrare alcuno stralcio dei suoi film, bensì accompagnando lo spettatore su alcuni set e riportando le esperienze di taluni personaggi legati da sempre al cineasta: Andrea De Carlo, Francesca Fabbri Fellini, Antonello Geleng, Gabriella Giorgelli, Milo Manara, Vincenzo Mollica, Sergio Rubini, Mario Sesti e tanti altri. Mario Sesti, in particolare, critico cinematografico e regista, che tra l’altro aveva realizzato nel 2003 L’ultima sequenza, film in cui veniva meravigliosamente riportato alla luce il finale alternativo di 8½, ha fornito un contributo concreto al documentario, partecipando alla stesura del soggetto e della sceneggiatura.

Ma a destare particolare interesse in Fellini Fine Mai è la seconda parte, in cui viene evocato “il percorso” che intraprese l’autore de La dolce vita per preparare un film che non venne mai realizzato: Viaggio a Tulum. Se è vero che Cappuccio non tralascia di raccontare alcuni aneddoti inerenti anche l’altro leggendario “film mancato”, Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet, il vero approfondimento che offre è quello che riguarda, per l’appunto, il progetto che Fellini aveva in animo, suggestionato dall’opera dello scrittore-sciamano Carlos Castaneda. Senza entrare nel dettaglio, per non rovinare la fruizione di un capitolo inedito riguardante Federico Fellini, ciò che si può dire è che Cappuccio dà sagacemente corpo a un fitto mistero, che, nonostante i tanti anni passati, non è stato ancora chiarito. Ma ciò che affascina è proprio l’aver messo in relazione Fellini e “il mistero”, laddove quest’ultimo, nella sua inespugnabilità e nel suo resistere ostinatamente all’esser reso visibile, diventa un elemento assai significativo per penetrare ancor più a fondo nell’universo poetico del regista e interpretarne più lucidamente la cifra stilistica.

E poi, a commuovere, infine, è l’amore per il cinema di Fellini che circola in ogni fotogramma del documentario. Eugenio Cappuccio, tra l’altro, ha avuto la possibilità di compulsare l’enorme archivio delle Teche Rai, traendone materiale inedito che di certo non mancherà di deliziare i felliniani sparsi in tutte le parti del pianeta. In Fellini Fine Mai viene anche mostrata l’ultima sequenza girata per il cinema da Federico Fellini, tratta da La Voce della Luna.

Considerando che ricorre il centenario della nascita del Maestro e che, soprattutto, è doveroso – come bene ha fatto Cappuccio – mantenerne più vivo che mai il ricordo per le nuove generazione stordite dal flatus vocis delle nuove tecnologie, Fellini Fine Mai può essere senz’altro considerato un film necessario. Un gesto d’amore, una testimonianza preziosa, un omaggio imprescindibile.

Luca Biscontini

Articolo precedenteThe Blackout
Articolo successivoCome in cielo, così in terra

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

sedici − quattordici =