Giocando a Risiko con altre civiltà
Altro ruspante esemplare della godibilissima pattuglia russa alla 20ma edizione del Trieste Science + Fiction Festival, il film di Egor Baranov mette in scena una fosca distopia che sembrerebbe però partorita, almeno per certi versi, da un sogno egemonico putiniano. Si immagina infatti che un blackout generalizzato colpisca la Terra, configurandosi però quale primo passaggio di un ancor più ampio processo di annientamento della razza umana, la cui genesi va cercata, ovviamente, presso una remota civiltà aliena. Ma per via di particolari configurazioni astronomiche una sorta di “cono d’ombra”, proiettato su parte dell’Europa Orientale, ha risparmiato gli abitanti di quelle zone dalla conquista immediata. E dove sarà mai l’epicentro della sacca di resistenza? A Mosca, naturalmente. Orgoglio russo à gogo, anche considerando che a salvarsi dall’attacco iniziale sono stati pure alcuni territori di Ucraina, Bielorussia, Finlandia, Polonia e Paesi Baltici, nuovamente dipendenti dalla vecchia superpotenza per la loro difesa, come a ricostruire un nostalgico puzzle metà sovietico e metà zarista.
Insomma, da questa brutale premessa prende le mosse un plot adrenalinico, in cui la disperata ed eroica resistenza di forze militari russe tenterà di salvare “l’ultima ridotta” dell’umanità da misteriosi invasori. Riguardo a questi e alle loro motivazioni, si fa chiarezza verso metà film, quando uno degli “strateghi” dell’attacco alla Terra (per giunta una specie di dissidente alieno dagli immensi poteri) si palesa ai vertici dell’esercito, offrendo la propria collaborazione.
Qui The Blackout mostra tutto il suo impianto derivativo, con “spiegoni” sui rapporti tra gli umani e forme superiori di civilizzazione che sembrano rimandare ora a Prometheus di Ridley Scott ora a The Matrix, soprattutto per quei discorsi riguardanti la nocività dei terrestri, ritenuti un autentico cancro per il loro pianeta. Il gioco è scoperto. E, come si è visto, non particolarmente originale. In compenso Egor Baranov sa condurre la sua partita a Risiko con invidiabile scioltezza, divertendosi con geopolitiche interplanetarie, curando la messa in scena nei minimi dettagli, assicurando gran ritmo alla narrazione e facendo affezionare rapidamente il pubblico ai personaggi principali, affidati peraltro ad alcuni volti molto amati dello star system russo. Se quindi sarebbe inutile cercare in The Blackout chissà quale profondità di sguardo, resta comunque fruibile un valido e a tratti elettrizzante intrattenimento.
Stefano Coccia