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Félix & Meira

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VOTO: 7.5

Amour

Dopo aver presentato nel 2008 il suo primo lungometraggio, Demain, Maxime Giroux è tornato quest’anno al Torino Film Festival portando in concorso il delicato Félix & Meira.
Non è la prima volta che si affronta il tema delle diversità culturali e religiose al cinema, eppure questa pellicola riesce a coinvolgere attraverso un sentito affresco di una storia d’amore verso se stessi e l’altro. Gran parte di questo potere è nelle mani dei protagonisti. Meira (Hadas Yaron) è sposata con Shulem (Luzer Twersky), da cui ha avuto una piccola a cui dedica le sue giornate; Félix (Martin Dubreuil) è un uomo charmant, ma con i conti in sospeso col passato. Detta così potrete già intuire alcune linee drammaturgiche, ma non vogliamo che fraintendiate, non è un mero: lui, lei e l’altro, dietro ognuno di loro ci sono dei mondi che la macchina da presa del regista canadese riesce a imprimere sullo schermo.
I primi fotogrammi di Félix & Meira fanno immergere subito lo spettatore nei gesti e nella ritualità del chassidismo, una corrente dell’ebraismo. Inizialmente, assistere a quel rigore è straniante e si percepisce che quello è un aspetto determinante nella vita dei nostri personaggi. Agli occhi di chi è lontano da quel credo risulta forte e assurdo il divieto di non poter ascoltare musica e, ancor più a uno sguardo femminile, scatta l’idea di “violenza” messa in atto da determinate regole, capaci di far sentire ingabbiato anche chi è apparentemente integrato. È questo il caso di Meira, è così giovane, eppure tutto sembra prestabilito da un “come deve andare”: la donna deve pregare, prendersi cura del proprio sposo fino a sottomettersi, badare alla figlia che ha e prolificare, dimenticandosi di ciò che è prima di essere moglie e madre. Denudata nel profondo delle vesti femminili, conservate solo nell’idea di genitrice, Meira non avverte una sensazione di protezione né da parte di quell’ambiente religioso in cui è nata e cresciuta né da quel marito tra le cui braccia non può addormentarsi perché è così che funziona. Grazie al casuale incontro con Félix, la giovane donna scopre il desiderio di provare abiti “normali”, a lui il compito di sconvolgere gli equilibri dando vita a un meccanismo di ricerca di sé che da Meira abbraccia tutti.
Ci preme specificarlo: non vogliamo emettere un giudizio nei confronti di questa comunità ortodossa di Montreal né di qualsiasi altra zona o rispetto ad altre correnti, semplicemente registriamo la riflessione rilanciata dall’opera, tra tradizione e identità.
Giroux va ad alimentare una cinematografia, quella canadese, che ci sta regalando perle artistiche, non ultima Mommy di Xavier Dolan. Con Félix & Meira pone in comunicazione due anime diverse per background, ma unite dalla solitudine in un mondo che non gli appartiene perché quasi gli scivola addosso. Il regista cattura con grazia i gesti, gli incroci di sguardi, i movimenti verso e per l’altro, le inibizioni, gli istintivi rifiuti, le paure che umanamente si provano quando si intraprende un viaggio di cui non si sa la meta.
La Yaron, già Coppa Volpi alla 69^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia per La sposa promessa, e Twersky sono stati premiati come Migliori Attori a questa 32^ edizione del Torino Film Festival, ma ci piace anche ricordare il premio Interfedi conferito a Félix & Meira, con la seguente motivazione: “attraverso una coinvolgente storia d’amore racconta l’incontro di due realtà esemplari, confronto di religiosità e laicità, affermando i valori della libertà e della responsabilità individuali“.

Maria Lucia Tangorra

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