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Teneramente folle

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VOTO: 7.5

La ricerca della felicità

Quando ci si approccia all’opera prima è come se si facesse un salto nel vuoto, ma Maya Forbes è riuscita a superare l’“ignoto” realizzando un lungometraggio che riesce a toccare molto il cuore senza puntare su una facile retorica. Stiamo parlando di Infinitely Polar Bear (nella versione italiana Teneramente folle), capace di coinvolgere la platea della 32^ edizione del Torino Film Festival (presentato in “Festa mobile”) grazie a un Mark Ruffalo in stato di grazia, affiancato, in particolare, da due attrici giovanissime, Imogene Wolodarsky (la figlia della regista) e Ashley Aufderheide, rispettivamente Amelia e Faith, che interpretano le figlie. È qui la chiave principale della pellicola che conferisce delicatezza e leggerezza al tutto, tanto più se si tiene conto del tema portante. Protagonista è Cam, un padre affetto da disturbi mentali che lo fanno regredire a uno stato infantile. Nei primissimi minuti vediamo i filmati della famiglia in super 8 (il formato standard per questi richiami), si percepisce una complicità rara, ma il tutto sarà  minato dall’esaurimento nervoso che colpirà Cam. Gli equilibri non ci sono più, Maggie (Zoe Saldana) deve dolorosamente prendere in mano la situazione, non è semplice avere il polso duro quando ami qualcuno, glielo si legge negli occhi, ma se vuole proteggere le sue piccole e anche l’uomo che ama da se stesso non può far altrimenti.
Dopo il ricovero in ospedale, le tre donne del suo nucleo famigliare si trasferiscono in un appartamento fatiscente pur di essergli accanto, ma le relazioni tra marito e moglie e con le piccole non saranno più scontate: l’uomo dovrà ricostruire il rapporto dimostrando di potersi assumere delle responsabilità da adulto. Cam si impegna nel tentare di gestire una vita ordinaria badando alle sue figlie mentre la moglie è fuori per studiare: inteneriscono i suoi slanci per riconquistare la donna durante i brevi ritorni e le sue richieste di non essere abbandonato dalle piccole e giocare, invece, con loro, mentre divertono i suoi guizzi nelle invenzioni strambe che realizza. Infinitely Polar Bear è un viaggio di formazione per ogni componente di questa famiglia, la regista americana, qui anche sceneggiatrice anche perché coinvolta in prima persona, costruisce una drammaturgia che si rivela una fiaba reale, lì dove lo sguardo delle bambine, più maturo di quello del padre ma sempre innocente, riesce a restituire dignità alla malattia mentale, merito anche dell’ottima interpretazione del David di Se solo fosse vero. Non si strizza l’occhio allo spettatore perché emerge proprio la genuinità dei gesti e l’istintività anche di una madre e di una donna che si trova inizialmente in difficoltà nel rapportarsi col proprio compagno, che, col tempo, magari ama anche per una spontaneità canalizzata.
La Forbes mette molto di sé in questo film, riuscendo a bilanciare l’emotività con la giusta distanza; attinge infatti alla sua storia personale – suo padre soffriva del disturbo bipolare e sua madre ha effettivamente frequentato la scuola di specializzazione a New York City proprio come Maggie.
Grazie al linguaggio della commedia, Infinitely Polar Bear rilancia un messaggio che troppo spesso viene dimenticato nella quotidianità: anche una casa piccolissima e una malattia con cui fare i conti possono essere motori per un sorriso e per guardare avanti. Si possono sposare consapevolezza e pizzico di follia? Forse è proprio questa la ricetta per una vita vissuta appieno, conciliando anche un uomo e una donna con aspirazioni apparentemente opposte.

Maria Lucia Tangorra

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