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El caso Padilla

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VOTO: 7

Intellettuali “a regime”

Il nome di Heberto Padilla (1932 – 2000) potrà anche apparire poco conosciuto alla maggioranza delle persone; in realtà trattasi di uno dei più importanti poeti cubani, autore della raccolta “Fuera de Juogo” grazie alla quale ebbe popolarità anche in Europa. A lui ed alla sua vicenda politica è dedicato il documentario El caso Padilla, diretto da Pavel Giroud e presentato nel concorso Progressive Cinema alla Festa del Cinema di Roma 2022.
Oggetto primario di un discorso per immagini che offre un’eccezionale documento: la pubblica abiura di Padilla di fronte ai maggiorenti del partito castrista ed i vari intellettuali del paese datata 1971. Negli anni precedenti Hebero Padilla fu arrestato e posto in detenzione dal regime di Fidel Castro in quanto “controrivoluzionario”, cioè molto critico nei confronti della deriva dittatoriale instaurata nell’isola caraibica. Assistiamo dunque al lungo discorso di un Padilla sempre più accaldato e coinvolto nell’ammettere i propri errori, asserendo come la bontà della rivoluzione venga prima di ogni altra cosa, anche e soprattutto delle esigenze personali.
La primissima impressione dopo aver osservato attentamente tale documento è quella di averlo già visto, in molteplici occasioni. Magari non specificamente a Cuba ma certamente in molti altri luoghi del globo. La Storia, come risaputo, ama ripetersi, rimandando continuativamente a se stessa. Le dittature “uccidono” – quando non fisicamente – la libertà di pensiero; ed i primi a farne le spese sono quasi sempre gli intellettuali maggiormente recalcitranti ad omologarsi alle disposizioni del Potere. Il cuore di documentario assolutamente degno di interesse risiede proprio in questa apparente contraddizione tra autonomia di pensiero – quindi anche di critica – e propaganda di regime. Quale prezzo, dunque, si è disposti a pagare per mantenere una propria integrità di pensiero? Resta impressa l’immagine di Padilla che confessa, chiaramente dietro pressioni inimmaginabili, i “peccati” del passato, coinvolgendo nella sua abiura altri artisti più o meno convinti che Castro e la sua dittatura possa essere l’unica soluzione possibile per lo sviluppo di Cuba. Dando vita a momenti di tensivo confronto con, ad esempio, Reinaldo Arenas, poeta e saggista ostracizzato dal regime anche per la sua omosessualità, la cui vicenda umana è stata immortalata da Julian Schnabel nel film Prima che sia notte (2000) che mutua il titolo da una celebre opera letteraria di Arenas stesso. Entrambi uniti da un destino che li ha visti morire esuli in luoghi degli Stati Uniti che di sicuro non gli appartenevano.
Senza eccedere in leziosismi di regia e attingendo sapientemente al materiale d’epoca – oltre il documento straordinario di cui si è parlato sino ad ora – il regista Pavel Giroud realizza con El caso Padilla un’opera essenziale per comprendere al meglio quale sia la ricchezza dal valore inestimabile del vivere in paesi, magari con migliaia di altri problemi come il nostro, dove la libertà di pensiero è un diritto garantito dalla Costituzione. A patto che ci si ricordi di usufruirne.

Daniele De Angelis

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