Dentro e fuori la vita
Dalla collaborazione di due grandi artisti spesso (ma non sempre!) nasce un capolavoro.
E (più di un) capolavoro è venuto fuori fra la rock band inglese dei Radiohead ed il regista statunitense Paul Thomas Anderson.
Chi scrive crede di non affermare alcun eresia affermando senza mezzi termini che la band ed il regista siano entrambi due fuoriclasse nei rispettivi campi. E fortunatamente (per noi) le strade dei due si sono incrociati più di una volta.
I Radiohead sono un gruppo musicale alternative/sperimentale rock (il che è comunque riduttivo) proveniente dall’Oxfordshire ed è formata da Thom Yorke (voce, chiatarra, pianoforte), Jonny Greenwood (chitarra solista, tastiere, sintetizzatore, onde Martenot), Ed O’Brien (chiatarra, voce di supporto), Philip Selway (percussioni) e Colin Greenwood (basso elettrico, sintetizzatori). Formazione che in più di vent’anni non è mai cambiata e che ad oggi ha al suo attivo nove album in studio. Se la band ha avuto un inizio abbastanza “normale”, con un avvio da vecchia tradizione pop con i primi due album Pablo Honey (1993) e The Bends (1995), è con OK Computer (1997) che fa il botto. Ad oggi è definito dalla maggior parte della critica come il più bello (ed importante) disco degli anni novanta (anche più del grunge di Nevermind) ed ha permesso ai Radiohead di raggiungere un successo planetario. Album visionario e psichedelico dedicato alla fantascienza in cui si racconta il disagio esistenziale della generazione X di fine millennio ed in cui sono piantati i germi della loro sperimentazione elettronica che poi toccherà l’apice con i successivi album Kid A (2000) ed Amnesiac (2001). Ottimo sunto della loro carriera discografica sino ad allora avviene nel 2004 con Hail to the Thief: il disco più politico del gruppo dedicato all’appena eletto neo-presidente americano George W. Bush. Sono stati inoltre fra i primi a promuovere un disco attraverso lo strumento della rete nel 2007 con In Rainbows. Hanno poi pubblicato The King of Limbs nel 2011 e, recentemente, A Moon Shaped Pool ultimo capolavoro della loro produzione musicale.
Paul Thomas Anderson ha in comune con i Radiohead il fatto di avere uno stile mutante (e maturante) negli anni. Mai rimasto uguale e sempre alla ricerca di nuove strade e sperimentazioni.
Anderson esordisce con Sydney nel 1996 (un anno dopo il secondo disco dei Radiohead).
Nell’anno di Ok Computer gira il suo primo capolavoro: Boogie Nights che gli vale l’appellativo di erede di Robert Altman. Che in parte è vero. Ma Anderson è anche tanto altro. Nel 1999 esce nelle sale il suo film forse ad oggi più conosciuto: Magnolia che gli frutta 3 candidature agli Oscar. Nel 2002 gira, invece, il particolare Ubriaco d’amore con un inedito protagonista: Adam Sandler.
Segue una pausa di 5 anni rotta da Il petroliere una sorta di film spartiacque nella filmografia andersoniana in quanto il regista si avventura in una sperimentazione visiva da allora in avanti sempre più estrema. Ed è proprio con questo film che avvia la sua collaborazione con Jonny Greenwood il quale scrive le (bellissime) musiche del film. Altro capolavoro!
La collaborazione fra i due continua continua con il film successivo del 2012: l’enigmatico The Master. Opera nematicamente e visivamente “oltre” la cui importanza molto probabilmente gli sarà riconosciuta tra vent’anni. Un’opera ermetica, cupa, glaciale…
Ma Anderson va ancora oltre e nel 2014 vede la luce Vizio di forma (tratto da un romanzo del visivamente intraducibile Thomas Pynchon): un autentico trip visivo. Un omaggio ed allo stesso tempo la decostruzione dei noir degli anni quaranta e cinquanta. Un’opera totalmente spiazzante. Ed anche in questo caso le musiche sono del musicista dei Radiohead.
Ma l’ultima collaborazione fra i due “artisti” è proprio dell’anno scorso. Paul Thomas Anderson, infatti, dirige il video del secondo singolo di A Moon Shaped Pool: Daydreaming.
Il video, che ha la durata di 6 minuti e mezzo (la stessa della ballad), ha per protagonista Thom Yorke il quale – in una dimensione onirica – entra ed esce da porte che lo conducono da un negozio ad un ospedale, da un corridoio di un hotel ad una casa borghese, da una lavanderia a gettoni ad una spiaggia, da una montagna innevata ad una grotta davanti ad un fuoco caldo. Quasi un altro-dove. Gli altri sembrano non accorgersi di lui il quale prosegue nel suo incedere alla ricerca di qualcosa. Qualcuno ha visto nel video la metafora della vita del frontman (How to disappear completly), che nella vita ha dovuto superare parecchi ostacoli e vincere diverse sfide con la vita. La ballad pare essere un monito di disillusione nei confronti dei sognatori. Presa d’atto del “male” del presente che non può più essere cambiato. L’accettazione e la resa di una intera generazione che non ha fatto nulla per cambiare le cose.
Dal punto di vista tecnico il video è impeccabile: la fotografia, i movimenti della mdp, l’arredamento (curato nei minimi dettagli) ed il resto sono degni di un vero e proprio film. Ragion per cui, il video in questione, può essere considerato un vero e proprio piccolo capolavoro cinematografico e che inserisce un ulteriore tassello (evolutivo) sia nella carriera del regista statunitense che della band inglese.
Pare che il prossimo film di Paul Thomas Anderson sarà ambientato nel mondo della moda degli anni cinquanta ed avrà per protagonista il più grande attore contemporaneo: Daniel-Day Lewis. Si attende e si spera in un’altra collaborazione con Greenwood (e perché no, magari con tutta la band!) ed in un altro (quasi sicuramente!) capolavoro.
Alessio Cacciapuoti