La vita è un sogno o i sogni aiutano a collassare meglio?
Ebbene sì, del pregevolissimo terzetto russo in concorso alla ventesima edizione di Science + Fiction (ne approfittiamo per ricordare anche Sputnik di Egor Abramenko e The Blackout di Egor Baranov), alla fine è proprio l’immaginifico Coma di Nikita Argunov quello che ci ha fatto “sognare” di più. In tutti i sensi. Come già nella miglior fantascienza sovietica di qualche decade fa, la capacità di descrivere universi alieni o alternativi si fonde qua con un sostrato filosofico tutt’altro che banale. Ma è poi il talento da “illustratore dell’impossibile” di Argunov a rendere il viaggio indimenticabile per lo spettatore.
Nell’architettura (mai termine fu più appropriato) dell’intenso lungometraggio vi sono, perché non dirlo, alcuni aspetti che possono far pensare a Inception di Nolan tanto a livello diegetico che sul piano figurativo; a partire, magari, da quegli elementi paesaggistici e urbanistici che si svelano allo sguardo infrangendo la legge di gravità e tanti altri precetti della fisica.
Allo stesso modo il susseguirsi di rivelazioni e l’etica contorta ma non facilmente liquidabile, espressa dal villain di turno, scorrono talvolta in una direzione parallela a The Matrix e alla sua dispotica dicotomia sociale. Insomma, i presupposti per un crossover derivativo e poco coeso c’erano pure, in fondo. E invece Argunov è riuscito a tirarne fuori un teorema personale e penetrante che affonda il passo nei tratti meno risolti della Russia contemporanea, dando una veste nuova a soluzioni e timori già presenti nell’immaginario fantastico.
Il gioco di scatole cinesi finanche elegante che sostiene il film prende le mosse dall’assurdo incidente occorso al protagonista, non a caso giovane e brillante architetto, ritrovatosi prima ospite di una misteriosa associazione filantropica dall’approccio decisamente settario, fanatico; per poi risvegliarsi privo di memoria in un mondo strano e inquietante, dove le più note leggi della fisica sono stravolte ed alcuni sopravvissuti vivono in costante allerta, poiché braccati da oscure creature in grado di farli dissolvere nel nulla. Tutto ciò all’interno di una realtà distorta in cui il tempo stesso sembra seguire altre regole. Nel descrivere questo mondo caotico, instabile, frammentario come i sogni e i ricordi (tema, questo, qui particolarmente pregnante), l’autore russo ha dato fondo a tutta la sua visionarietà, già addestrata durante la lunga esperienza da rinomato esperto di effetti speciali. Palazzi sospesi stile Miyazaki, scorci alla De Chirico e autentici paradossi che paiono usciti da una tavola di Escher confluiscono nelle meravigliose scenografie virtuali, che riescono miracolosamente a conservare un appeal unico, speciale. Saranno comunque l’esito della detection in quella dimensione parallela, il riaccedere ai ricordi privati e un non meno traumatico ritorno alla realtà terrena a dare un senso ancora più profondo a tutta la storia.
Stefano Coccia