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Bring Them Down

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VOTO: 7

Gente d’Irlanda

Tra le prerogative “alte” del Cinema ci sarebbe anche quella di analizzare senza reticenze il proprio paese, portandone alla luce anche e soprattutto ciò che si ritiene sbagliato. Lo ha fatto il regista Christopher Andrews, alla sua opera prima dopo qualche cortometraggio, mettendo in scena una tragedia che, se non fosse contemporanea e assieme radicata nel tempo, si potrebbe definire tranquillamente classica. Bring Them Down – inserito nel concorso Progressive Cinema alla Festa del Cinema di Roma 2024 – anche nella forma rappresenta, non a caso, l’epitome della ripetizione. Qualcosa di infrangibile e immoto che non può essere cambiato in alcun modo.
Irlanda rurale. Un gregge di montoni che, a causa di alcuni furti e misteriose morti animali, deve essere spostato dalla montagna di pascolo alla vicinanza dell’abitazione. Una faida famigliare con i personaggi in campo legati da rapporti lunghissimi e ormai usurati dagli anni, animati da un rancore destinato a crescere ogni giorno che scorre. Giovani senza prospettiva alcuna i quali covano progetti di fuga grazie a denaro conquistato con qualsiasi mezzo, meglio accolto se rapido ed illecito.
Bring Them Down ricorda molto da vicino le atmosfere claustrofobiche, in aperto contrasto con spazi aperti rocciosi e perciò asperrimi, di As bestas (2022) di Rodrigo Sorogoyen, compresa una colonna sonora composta quasi interamente di percussioni capaci di scoprire nervi sempre sul punto di esplodere. Medesime sequenze osservate da un punto di vista differente non cambiano lo stato delle cose: dove sussistono condizioni di vita estreme senza intravedere orizzonti di alcun tipo, la rabbia può solo prevalere mentre il buonsenso tramonta miseramente. Anche Bring Them Down è un racconto con un forte retrogusto morale. Ma un comportamento etico resta solo utopia, perché in quel contesto risulta molto più facile odiare che amare o comunque seguire comportamenti rispettosi verso quella comunità che comprende solo personaggi insoddisfatti.
Benissimo allora la regia dell’esordiente Andrews, che meritoriamente non fa deflagrare la tragedia verso territori isterici e senza ritorno, ma ne modula con gradualità i toni, evitando qualsivoglia catarsi spettacolare nell’epilogo. Resta però intatta una percezione, assai angosciante, di immutabilità, come se il nemico allignasse dentro ognuno dei personaggi rendendo impossibile qualsiasi cambiamento in positivo.
Magnifico il cast, tutto perfettamente in simbiosi con la situazione. Barry Keoghan torna in un ruolo ambiguo, mentre Christopher Abbott dovrebbe mostrare un volto umano nascosto da troppe sofferenze e contrarietà. Il veterano Colm Meaney, da parte sua, se c’è da dire un’ultima parola sull’Irlanda è più che giusto spetti a lui.
Le tinte fosche permangono fino alla fine e, nonostante qualche difetto dettato dall’inesperienza con parentesi poco utili all’economia narrativa, Bring Them Down resta uno di quei film da guardare con molta attenzione. A maggior ragione se proiettati in ottica futuribile.

Daniele De Angelis

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