Godard docet
Il grande Jean-Luc Godard ha affermato: “Per fare un film sono sufficienti una ragazza e una pistola”. Semplice, no? Non proprio. Tutto sta, infatti, nel saper gestire questi due, semplici elementi in modo del tutto efficace e innovativo. E a quanto pare la cosa è più complicata del previsto. Almeno per tre amici che decidono di girare un film in cui dovrà comparire, appunto, soltanto una ragazza con una pistola. Sono loro, dunque, i protagonisti del cortometraggio A Girl and a Gun, diretto da P. E. Joubert e presentato in anteprima in occasione dell’Ecu Film Festival 2021 nella sua speciale edizione online.
Si è giunti al momento decisivo delle riprese. La ragazza con la pistola entra nel campo della macchina. E se provasse a sparare un colpo? L’idea sembra geniale, ma bisogna solo decidere in che modo dovrà farlo. A Girl and a Gun è innanzitutto un cortometraggio estremamente citazionista. E in questa occasione non è soltanto il celebre cineasta svizzero ad essere omaggiato. Data la particolare ambientazione, dati i primi e primissimi piani, le atmosfere e l’attenzione ai dettagli, impossibile non pensare al nostro connazionale Sergio Leone e al suo innovativo modo di riconsiderare il genere western.
Eppure, proprio per le “involontarie” gag presenti, questa piccola e sgangherata troupe fa per certi versi pensare anche all’incipit dell’ottimo Hollywood Party (Blake Edwards, 1968), dove un maldestro – e indimenticabile! – Peter Sellers altro non ha fatto che fare una serie di danni sul set. E mentre la giovane attrice protagonista ci ricorda molto un’agguerrita Matilda Lutz in Revenge (Coralie Fargeat, 2017), entriamo nel vivo della vicenda e osserviamo con sguardo divertito tutti i maldestri tentativi della troupe di dar vita a una scena finalmente convincente.
A Girl and a Gun è una piccola, modesta commedia senza troppe pretese, che riesce complessivamente nei suoi intenti di strappare qualche sana risata e di omaggiare la nostra tanto amata arte cinematografica. Se, dunque, da un lato vediamo il perfezionismo dei registi e il forte desiderio di creare qualcosa di pressoché “perfetto”, dall’altro gli stessi sono costretti a confrontarsi con l’inevitabile obbligo di rispettare determinate tempistiche.
Primi piani di volti intenti a “bucare lo schermo”, pistole pronte a sparare da un momento all’altro, un deserto che fa sì che la realtà che stiamo osservando faccia quasi parte di un mondo a sé. E ancora immagini di monitor all’interno dei quali si muove ora agile, ora indecisa la giovane protagonista. Un film nel film. E non è, forse, l’elemento metacinematografico quel certo “non so che” che fa sì che un piccolo prodotto cinematografico possa acquistare molti punti? Nel caso del presente A Girl and a Gun indubbiamente sì. E il risultato finale è un piccolo e grazioso omaggio al mondo della settima arte che non punta a passare alla storia o a essere il nuovo Effetto Notte, ma che, per poco meno di dieci minuti, è in grado di regalare allo spettatore una gradita ventata di buonumore.
Marina Pavido