Wunderbar!
Diciamocelo: non è impresa facile dare un giudizio obiettivo su un oggetto strano e impazzito come Yoga Hosers. E non tanto per quei personaggi bizzarri o per quei dialoghi gonfi di citazioni nerd che hanno saputo fare la fortuna di un regista come Kevin Smith; e nemmeno per l’assurda vendetta di redivivi nazisti canadesi e del loro esercito di bratwürst antropomorfi. Persino le espressioni di un Johnny Depp più macchietta che mai, ritornato a vestire i panni dell’improbabile ispettore di polizia Guy Lapointe, sembrano, qui, trovare un loro posto nell’universo sfacciatamente idiota dell’autore di Clerks. Il problema, semmai, in questo secondo capitolo ideale di una trilogia horror-parodica iniziata con il già ragguardevolmente spiazzante Tusk, pare nascondersi proprio nel senso stesso che sta dietro a tutta l’operazione.
L’impressione principale che si ha guardando questa teen comedy dalle venature horror e demenziali, mentre le sue protagoniste, Colleen e Colleen (Harley Quinn Smith e Lily-Rose Depp) – commesse adolescenti con la fissazione per lo yoga – si districano per sopravvivere tra lavoro, feste di liceali, gruppi di satanisti e la non trascurabile sciagura di vivere in Canada, è infatti quella di assistere a un divertissement allo stato puro, un compendio di gag, idee e suggestioni buttate e accumulate alla rinfusa, in un sovraccarico folle ed esplosivo che pare non aver paura di nulla.
Difficilmente si può vedere al cinema tanta libertà, la rappresentazione lampante dell’incoscienza di chi non ha più alcun bisogno di rendere conto a nessuno se non a una nutrita schiera di fedelissimi fan, aprendo la strada a ogni delirio grottesco, ogni stravaganza fumettistica, qualsiasi trovata più o meno demenziale, più o meno comica, più o meno splatter.
Per questo Yoga Hosers non pare, banalmente, solo un prodotto auto-celebrativo, una sorta di filmino delle vacanze di famiglia dove, per l’ennesima volta, prendono parte amici, parenti e parenti di amici del regista, per celebrare, magari, le doti e le abilità delle due giovani protagoniste (l’una figlia di Depp, l’altra dello stesso Smith).
Sembra invece che Smith, oltre a fare un film tutto da sé, ne abbia fatto uno solamente per sé, divertendosi un mondo e riversando in quel contenitore abnorme un ventennio di ossessioni, follie e assurdità.
Tra cadute di stile e spiazzanti quanto assurdi colpi di genio (l’ex bambino de Il sesto senso come capo del partito nazista canadese, uno scienziato tedesco che parla imitando Al Pacino e Stallone e, ovviamente, il piccolo esercito di wurstel omicidi pronti a fiondarsi su qualsiasi orifizio disponibile), tempi comici discontinui e un gusto per il politicamente scorretto unico nel suo genere, Yoga Hosers sfiora costantemente la catastrofe senza mai abbracciarla in pieno, forte della visione di un regista estremamente consapevole e auto ironico, ridicolo ed esilarante.
Mattia Caruso