Tamil Odissey
La terza e la penultima giornata dell’Indian Film Festival hanno posto in evidenza un’altra delle molteplici anime della cinematografia indiana: quella che si esprime in lingua Tamil. Non a caso sia l’atipico biopic Soorai Pottru che l’action movie di cui vi andremo ora a parlare, Vikram, hanno quale tappa obbligata una metropoli come Chennai, capitale dello Stato Federato indiano del Tamil Nadu e città nota anche, un tempo, come Madras. Certe “consonanze” risultano ancora più evidenti se si confrontano i due film a livello di cast, come a dire che la cultura Tamil può inoltre contare su uno star system decisamente rodato. Vedi la costante presenza di un divo come Suriya, che di Soorai Pottru è addirittura il protagonista, mentre in Vikram ci regala verso la fine un emblematico cameo, nei panni del sanguinario e brutale boss Rolex, che lascia peraltro spalancata la porta verso un possibile sequel.
Protagonista di Vikram, thriller frenetico e pieno di sorprese diretto nel 2022 da Lokesh Kanagaraj, è invece un’altra star, il barbuto Kamal Haasan alias Vikram, ex comandante di una squadra delle forze speciali abituata a operare nell’ombra come in un assunto “bondiano”. Tale lungometraggio è il secondo capitolo del Lokesh Cinematic Universe nonché seguito dell’omonima pellicola girata nel 1986. Non avendo ancora visto il capostipite ci è difficile fare raffronti, sebbene qualcosa si possa intuire dal piacevole andare avanti e indietro nel tempo (e nei generi) della (peraltro strepitosa) colonna sonora, come pure dalla progressiva introduzione nel racconto dei quattro superstiti della vecchia squadra di undici super-agenti (tra cui, ovviamente, lo stesso Vikram), descritti qui come soggetti piuttosto in là con gli anni, ma sempre in possesso di doti tattiche e di combattimento tali da far strage dei poliziotti corrotti e degli spietati trafficanti di droga, coi quali si dovranno infine scontrare.
Lo scaltro Vikram è però al tempo stesso un affettuoso pater familias, che, avendo perso in circostanze drammatiche il figlio, un onesto e leale ufficiale di polizia, farà di tutto pur di tenere al sicuro la nuora e soprattutto il tenero nipotino, anche quando intorno a loro si scatena la classica tempesta di piombo bollente.
Ecco, è proprio la riuscita ibridazione dei generi e di stili diversi la nota più felice dell’indiavolato lungometraggio. Un po’ come se certe prassi che contraddistinguono Bollywood e le altre grosse produzioni indiane si incontrassero con altri stilemi, provenienti dal mondo occidentale o da Hong Kong. Del resto, seppur con esiti meno roboanti, il più che discreto stato di salute dell’action “Made in India” ci era stato testimoniato di recente pure da Kill, l’incalzante thriller ferroviario di Nikhil Nagesh Bhat passato nel 2024 al Monsters – Fantastic Film Festival.
Tanto per dire, gli iperbolici balletti che contraddistinguono in genere tali produzioni sono circoscritti in Vikram a pochi momenti chiave, tra i quali campeggia proprio l’incipit tra i binari abbandonati, laddove il protagonista fa la sua scanzonata apparizione in mezzo a un colorito gruppetto di reietti e di sbandati. Il tono però si farà più cupo strada facendo. E dietro alcune misteriose esecuzioni sommarie, dietro lo scontro feroce tra polizia e criminali, cominciano a delinearsi torbidi retroscena, autorità corrotte, cinici giochi di potere, personaggi “sotto copertura” e altre sorprendenti rivelazioni, che anche per il ritmo concitato possono ricordare l’universo di Infernal Affairs o altre pietre miliari del cinema hongkonghese. Tra altrettanto folgoranti riferimenti allo “spy game” hollywoodiano, lampi di ironia e nemici falciati a grappoli da una mitragliatrice quasi a citare il tambureggiante epilogo del capolavoro di Peckinpah, Il mucchio selvaggio, le emozioni in Vikram si rincorrono dalla prima all’ultima inquadratura.
Stefano Coccia