Agenti super speciali
197,47 milioni di Euro! A tanto ammonta il budget faraonico messo a disposizione di Luc Besson per il suo ritorno dietro la macchina da presa a tre anni di distanza da Lucy. Di conseguenza, Valerian e la città dei mille pianeti, ancora prima di arrivare nelle sale, ha già fatto registrare un importante record, ossia quello di film più costoso della storia del cinema francese, un primato in precedenza detenuto da Asterix alle Olimpiadi che nel 2008 costò la bellezza di 113 milioni d’Euro. Un dato, questo, che conferma per l’ennesima volta la volontà del cineasta transalpino di non badare a spese, pur di dotare la pellicola di turno della base economica adeguata per portarla a termine. In tal senso, per portare sul grande schermo l’adattamento cinematografico della serie a fumetti made in France “Valerian” (Valérian and Laureline), pubblicata per la prima volta nel 1967 per mano dello scrittore Pierre Christin e del disegnatore Jean-Claude Mézières, Besson ha dovuto aspettare un bel po’ di tempo. Il problema, infatti, non era legato soltanto al denaro necessario per completare il budget, ma anche ai limiti che la tecnologia degli effetti visivi aveva negli anni Novanta, epoca a cui risale l’intenzione dello stesso regista di trasporre la celebre graphic novel, dopo aver già portato al cinema nel 1997 un altro film fantascienza come Il quinto elemento. Ora i tempi sono decisamente più maturi per quanto riguarda i VFX, con l’Avatar di Cameron che ha dato un contributo determinante alla causa. Di fatto, il balzo tecnologico registrato nel settore ha creato i presupposti affinché l’impressionante e magnifico universo della suddetta opera potesse prendere forma e sostanza cinematografica grazie a Besson. Il risultato lo potrete vedere con i vostri occhi a partire dal 21 settembre, data scelta dalla 01 Distribution per il lancio nelle sale nostrane.
Per coloro che non conoscessero la storia e i personaggi che la animano, il film ci catapulta al seguito di Valerian e Laureline, due agenti speciali del governo dei territori umani, incaricati di mantenere l’ordine nell’universo. Valerian ha in mente qualcosa di più di un semplice rapporto lavorativo con la sua partner – proponendosi apertamente a lei. Ma la sua lunga storia con le donne, e i valori tradizionali di lei, fanno sì che vi sia un costante rifiuto. Sotto le direttive del loro comandante, Valerian e Laureline si imbarcano in una missione nella città intergalattica mozzafiato di Alpha, una metropoli in continua espansione la cui popolazione è composta da migliaia di specie diverse da tutti e quattro gli angoli dell’universo. I 17 milioni di abitanti di Alpha hanno unito i loro talenti, le loro tecnologie e le loro risorse per migliorare le condizioni di vita di tutti. Sfortunatamente non tutti ad Alpha condividono gli stessi obiettivi: forze oscure sono all’opera per mettere in pericolo il genere umano.
Dalla sinossi si capisce subito il perché di tanta ostinazione da parte di Besson nel voler adattare il suddetto plot. Da una parte troviamo l’amore più volte dichiarato dal regista nei confronti della graphic novel di Christin e Mézières, dall’altra la possibilità per il cineasta parigino di tornare vent’anni dopo il già citato Il quinto elemento alla space opera tout court. Il plot di Valerian e la città dei mille pianeti ha nel proprio DNA drammaturgico e narrativo tutti i geni caratteristici del sottogenere fantascientifico in questione, a cominciare dal mix di avventura romantica e spesso melodrammatica con i viaggi interstellari, nel quale trovano spazio, non di rado, battaglie e duelli, in immensi universi il più delle volte dominati da imperi galattici. E la nuova pellicola di Besson va proprio in quella direzione, la stessa disegnata da Holger Madsen nel lontano 1918 per il suo Himmelskibet, ad oggi il primo esempio nella Storia della Settima Arte di space opera cinematografica, al quale seguiranno nei decenni successivi i vari Cittadino dello spazio (1955) di Joseph Newman e Jack Arnold, la saga di Guerre stellari di George Lucas, Dune (1984) di David Lynch, The Chronicles of Riddick (2004) di David Twohy e il più recente Guardiani della Galassia di James Gunn.
Besson abbandona, dunque, la fantascienza dispotica del suo folgorante esordio Le dernier combat e quella ultra high-tech della sua penultima fatica dietro la macchina da presa Lucy, a favore di un approccio alla materia più avventuroso e decisamente più ludico. Per farlo, il regista francese asseconda in tutto e per tutto la visione e l’immaginario della matrice originale, consegnando alla platea un film che fa dello spettacolo pirotecnico, delle divertenti dinamiche di coppia tra i due protagonisti e delle sottotracce pseudo-politiche che si insinuano nella trama, il proprio biglietto da visita in versione tridimensionale. Il grosso problema, quello che ci impedisce di inquadrare bene il progetto, è l’impossibilità da parte nostra – e probabilmente di tanti altri colleghi – di capire con esattezza a quale tipo di spettatore Besson intende consegnare questo biglietto da visita dalla confezione altamente godibile (fatta eccezione per alcune scene che sembrano la copia imperfetta di Avatar). Il limite sta infatti nell’assenza di un target di riferimento al quale rivolgere Valerian e la città dei mille pianeti, perché a giudicare da quanto apparso sullo schermo il risultato non ha i tutti i cromosomi giusti per riuscire ad accontentare una platea più vasta ed eterogenea.
Francesco Del Grosso