A cavallo tra due epoche
Un lavoro ricco, ricchissimo, pieno di riferimenti e straordinariamente attuale, Todos os Mortos, in corsa per l’Orso d’Oro alla 70° edizione del Festival di Berlino, nonché prima collaborazione tra i due giovani cineasti brasiliani Caetano Gotardo e Marco Dutra. Un lungometraggio pregno di storia decisamente sorprendente nella sua singolare messa in scena, per un lavoro tutto al femminile, all’interno del quale si incrociano le vicende di due famiglie in una San Paolo del Brasile in continua espansione, che, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, vede la fine di un’epoca con l’abolizione della schiavitù e l’inizio di un nuovo capitolo di storia.
Vengono qui messe in scena, dunque, le vicende della famiglia Soares (formata da una madre anziana e due figlie, di cui una divenuta suora e l’altra con un grande talento per la musica, che continua a vedere tra i vivi persone ormai morte da anni), in profonda crisi economica, dal momento che la sua piantagione di caffè sembra non rendere più come prima, e della famiglia Nascimento, i cui componenti, dopo l’abolizione della schiavitù, faticano a integrarsi in una società dove sembra non esserci, di fatto, alcun posto per loro.
E così, con una messa in scena in cui, su tutto, spiccano eleganti interni e colori forti e accesi, vediamo la storia evolversi rapidamente, fino ad arrivare a una forte, fortissima connessione con i giorni nostri, per un contrasto altamente d’impatto tra personaggi appartenenti a un’epoca ormai lontana e una città sempre più in via d’espansione, con palazzi e grattacieli sempre più alti, sempre più imponenti.
Non cercano vie di mezzo, Caetano Gotardo e Marco Dutra. Al contrario, i due giovani registi giocano soprattutto con immagini forti, che scioccano e disorientano volutamente lo spettatore, per un tripudio di elementi e riferimenti a diversi periodi storici e a diverse culture. Non possiamo non notare, a tal proposito, i numerosi rimandi ai riti vudù, così come lo stesso culto dei morti e dell’aldilà proprio della cultura sudamericana. E in quest’ambito, nello specifico, forte e chiara si fa sentire la passione di Marco Dutra per il genere horror, la quale sta a trasmettere grande inquietudine agli spettatori nei momenti in cui la giovane Soares ha le sue visioni, nel non mostrare esplicitamente nulla davanti alla macchina da presa.
La storia del passato, dunque, per una serie di situazioni che continuano a ripetersi all’infinito. Malgrado i progressi raggiunti e malgrado le prospettive di un futuro migliore, dove “i farmaci permetteranno di sentire sempre meno dolore, dove i confini saranno finalmente abbattuti e dove le nuove invenzioni potranno permettere all’essere umano di svolgere i propri compiti sempre più velocemente”, come sta ad affermare la madre di casa Soares guardando speranzosa fuori dalla finestra.
Impossibile non notare, a tal proposito, una forte componente critica, all’interno del presente Todos os Mortos. I due registi, dal canto loro, in questo prezioso e potentissimo lungometraggio in cui non si sa più chi siano i vivi e chi i morti e dove si situi di preciso il confine tra il mondo reale e l’aldilà – altro non fanno che scagliarsi apertamente contro la situazione politica attuale, dove, malgrado i progressi fatti, purtroppo alcune situazioni faticano a morire definitivamente e, per certi versi, sembrano quasi riportare ai momenti più bui della storia del Brasile (e non solo). E a pensarci bene, non basterebbero ore e ore a raccontare ciò che i due giovani cineasti hanno sapientemente messo in scena in questo loro Todos os Mortos. Questa loro opera, fortemente pregna di elementi soprannaturali, di provocazioni e di importanti salti spazio temporali può essere,dunque, letta come un vero e proprio manifesto della storia di un intero paese, così dolorosamente sofferente, così ricco di storia e tradizioni, così struggentemente meraviglioso.
Marina Pavido