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Il male non esiste

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VOTO: 7

Quattro storie dall’Iran

Adesso che Il male non esiste (Sheytan vojud nadarad, 2020) di Mohammad Rasoulof è passato al Festival #Cineuropa34, che per inciso cerca di raggruppare in programmazione le pellicole premiate nell’arco dell’anno nei diversi festival internazionali, budget festivaliero permettendo, si comprende maggiormente come l’Orso d’Oro vinto al 70º Festival di Berlino sia stato dato soprattutto per il coraggio del regista iraniano di raccontare la dura realtà che vige ancora nel proprio paese. Una premiazione politica, prima ancora che artistica, che agisse come cassa di risonanza internazionale su quanto l’autore Rasoulof stava patendo in Iran, ovvero gli arresti domiciliari (con passaporto sequestrato) che non gli hanno consentito di presenziare alla Berlinale. Un incensamento che ha sortito i suoi effetti – sebbene negativamente – perché ha pungolato nel vivo le alte sfere del paese, che hanno condannato il regista a 1 anno e mezzo di carcere e il divieto di realizzare pellicole per i prossimi due anni con l’accusa di “propaganda con il sistema”.

Il male non esiste, sceneggiato dallo stesso Rasoulof, è costruito su quattro episodi, slegati fra loro, imperniati però sulla pena di morte che vige in Iran. Quattro vicende che mostrano la vita quotidiana di quattro uomini che per lavoro si ritrovano a stretto contatto con questo sistema dittatoriale. Sono piccole storie umane nelle quali i quattro personaggi, schiacciati dall’obbligo, convivono malamente, e cominciano a prendere coscienza del male che devono infliggere agli altri. In loro non c’è cattiveria innata, ma solo esecuzione di ordini che provengono dall’alto. Esemplare in questo caso il primo episodio, da cui il film prende il titolo, che mostra l’ordinaria vita di un uomo di mezza età, padre modello e gentile marito, fino a quando nel finale non ci viene rivelato il suo mestiere. Una rivelazione lasciata nel finale e mostrata in modo silenzioso e gelido. Negli altri due episodi seguenti è più marcato l’atto di ribellione o ripensamento dei personaggi. Nel secondo episodio, intitolato She Said “You Can Do It”, una giovane guardia carceraria schifata e angustiata di portare i detenuti al patibolo, per fuggire dal carcere (e dalle sue mansioni) agisce come se stesse facendo un’evasione. Mentre scappa lontano dalla città con la sua fidanzata, in colonna sonora si sente “O bella ciao” cantata da Milva. Nell’episodio Birthday, un giovane militare, dopo aver passato dolci momenti romantici con la sua fidanzata che vuole in sposa, scopre che il defunto parente che lei e la sua famiglia piangono è morto anche per mano sua. Scoppia in un pianto dirotto e, immergendosi nelle gelide acque di un fiume, cerca di purificarsi, però quel fatto, benché lo abbia messo a conoscenza dell’orrore, rovina un futuro idilliaco. Mentre nell’ultimo episodio, Kiss me, una vicenda familiare ambientata nel presente serve a rievocare il passato oscuro dell’Iran (periodo Khomeyni), facendo in modo di raccontare oralmente come anche in passato la situazione non era facile, ed era difficile agire. Il male non esiste espone tutto questo in modo limpido, come sottolineano anche i titoli brevi di ogni episodio. Rosoulof non vuole giudicare i personaggi degli episodi, ma semplicemente mostrare come è la realtà dell’Iran e la difficoltà di potersi ribellare.

Roberto Baldassarre

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