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Io sono tuo padre

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VOTO: 7,5

Ricordatevi di noi

Dopo avere aperto la sezione Un Certain Regard del 75° Festival di Cannes lo scorso maggio, tra i prossimi appuntamenti che attendono Io sono tuo padre (Tirailleurs) nei prossimi messi c’è anche l’uscita nelle sale nostrane con Minerva Pictures, la cui data però non è ancora stata resa nota. Tuttavia c’è chi ha già avuto l’opportunità di vedere il film in anteprima italiana in occasione della proiezione in quel di Firenze al 14° France Odeon, laddove il film di Mathieu Vadepied è stato presentato in concorso, portando a casa due riconoscimenti: il premio della giuria giovani e quello per la migliore colonna sonora. Quest’ultimo, a differenza del primo, era piuttosto scontato visto il nome di colui che l’ha firmata, ossia il due volte premio Oscar Alexander Desplat, il cui commento musicale emozionante e incalzante rappresenta anche in questo caso un valore aggiunto.
Le note del pluridecorato compositore parigino accompagnano questo capitolo ancora sconosciuto, o conosciuto ai pochi, della Prima Guerra Mondiale, le cui pagine nere e tragiche stanno sempre di più trovando spazio sullo schermo, dopo che per decenni la Settima Arte e l’audiovisivo in generale ha dato più spazio al più recente conflitto mondiale. Dopo il centenario però qualcosa è cambiato, con l’interesse degli addetti ai lavori che si è riacceso, dando vita a progetti che hanno raccontato la Grande Guerra e capitoli di essa da prospettive diverse: si passa da quella britannica in 1917 di Sam Mendes a quella tedesca nella terza trasposizione di Niente di nuovo sul fronte occidentale per mano di Edward Berger, sino a quella francese di Io sono tuo padre che scava ancora più affondo per riportare a galla una parte sepolta e dimenticata della storia transalpina.
La pellicola del regista parigino, con trascorsi illustri da direttore della fotografia e scenografo, apre il grande libro della Storia per rievocare le pagine che riguardano i tirailleurs, vale a dire i “fucilieri” facenti parte del corpo di fanteria coloniale dell’esercito francese provenienti da Senegal, dall’Africa Occidentale Francese e successivamente da tutta l’Africa occidentale, centrale ed orientale. Per farlo, Vadepied e il co-sceneggiatore Olivier Demangel, riavvolgono le lancette dell’orologio sino al 1917, quando manca un anno al termine dello ostilità. Ma prima che ciò avvenga l’esercito francese continua a rapire i giovani dai villaggi delle principali regioni subsahariane dell’impero coloniale per arruolarli e mandarli a combattere la Grande Guerra. Un uomo senegalese, Bakary, vorrebbe proteggere il figlio Thierno ma non riesce a sottrarlo ai francesi, e per restargli accanto si fa arruolare a sua volta e inviare nello stesso plotone africano, in cui militano giovani del Niger, della Guinea e del Sudan, oltre che del Senegal, che non parlano neppure la stessa lingua. L’esercito francese manda in prima linea proprio i soldati africani e il loro comandante (bianco) affida a Thierno il ruolo di caporale anche perché a scuola ha imparato il francese. Per Bakary diventerà sempre più difficile allontanare il figlio dal fronte e riportarlo a casa, come ha promesso alla moglie.
Il risultato è un dramma bellico dall’elevato valore storico, proprio in virtù della scelta di riportare alla luce un episodio poco conosciuto di quel conflitto e con esso i suoi dimenticati protagonisti. Un dramma nel quale trovano spazio contemporaneamente una tragedia collettiva e una privato, quella di una famiglia, nello specifico di un padre che cerca di salvare suo figlio e se stesso dalla furia omicida della guerra. Vadepied crea un giusto equilibrio e su di esso getta le basi del racconto. Il ché genera a sua volta un dramma nel dramma, con il primo che si riversa nel secondo e viceversa. Non mancano i momenti di forte impatto emotivo, anche se questi sono piuttosto ridimensionati se pensiamo ad esempio a quanto mostrato in termini di crudezza e violenza nei war movie di Mendes e Berger. Io sono tuo padre lavora più in sottrazione da questo punto di vista, anche se l’orrore della guerra e i suoi effetti devastanti non possono essere soffocati, tantomeno cancellati. Gli orrori si vedono, così come i cadaveri dei soldati sparsi tra le trincee e il campo di battaglia, con la macchina da presa che non fa nulla per nasconderli, ma al contempo prova a concentrarsi molto anche sull’odissea di Thierno e di suo padre Bakary, al quale prestano corpo e voce rispettivamente Alassane Diong e Omar Sy, entrambi capaci di intervenire sul proprio termometro interpretativo per restituire di volta in volta la giusta emozione e intensità. Va sottolineata la scelta, assolutamente significativa oltre che qualitativamente efficace, di affidare il ruolo del padre a uno come Sy, le cui origini sono proprio senegalesi. Il ché ha aumentato in maniera esponenziale tanto il coinvolgimento quanto il livello di responsabilità dell’attore esploso con il campione d’incassi Quasi amici nei confronti della vicenda narrata e dei personaggi che l’hanno loro malgrado vissuta, al punto tale da volere essere coinvolto anche nella fase produttiva.

Francesco Del Grosso

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