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The Wicked Gift

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VOTO: 5.5

Sogno o son desto?

Nel circuito underground, sono parecchie le pellicole di genere horror che ogni anno vedono la luce. E alcune di esse sono anche piuttosto interessanti. Basti pensare, ad esempio al riuscito Controra (2013), dell’esordiente Rossella De Venuto e frutto di una coproduzione italo-irlandese, ma anche alla rivelazione Scappa – Get Out (2017), o ancora al piccolo ma ben realizzato Auguri per la tua morte (2017), giusto per annoverare alcuni tra i titoli più recenti. Che quindi tale genere vada per la maggiore, anche tra cineasti indipendenti, è piuttosto evidente. Sarà che, come la storia ci ha insegnato, tali film aiutano in qualche modo ad esorcizzare paure ed inquietudini insite in ognuno di noi; sarà che – diciamolo pure – girare un horror è di gran lunga molto più divertente che girare lungometraggi di qualsiasi altro genere. Fatto sta che, a quanto pare, la percentuale di giovani cineasti indipendenti che scelgono di trattare film del genere è di gran lunga superiore rispetto a chi decide di cimentarsi con prodotti totalmente diversi. Ciò, ovviamente, vale anche per quanto riguarda la situazione italiana, dove non sono pochi i giovani registi emergenti che decidono di intraprendere tale strada. Uno di loro, ad esempio, è Roberto D’Antona, che con il suo The Wicked Gift, presentato in anteprima alla 37° edizione del Fantafestival, ha dato vita ad un prodotto a metà strada tra l’onirico ed il paranormale, che punta ad avere un respiro internazionale.
È questa, infatti, la storia di Ethan, giovane grafico pubblicitario che inizia inspiegabilmente a fare inquietanti sogni premonitori, in seguito ai quali persone a lui vicine perdono la vita in modo piuttosto cruento. La causa di ciò potrebbe essere una misteriosa presenza demoniaca che vuole a tutti i costi impossessarsi dell’anima del ragazzo. Neanche l’aiuto di una medium, però, sarà sufficiente a far luce sulla situazione.
In poche parole, una vicenda, questa di Ethan, particolarmente intricata, dove non mancano scene oniriche che si alternano a momenti di normale quotidianità, ma anche inaspettati ribaltamenti e repentini cambi di registro, che, tuttavia, vengono sapientemente gestiti durante tutta la durata del lungometraggio. Malgrado, infatti, i numerosi elementi presenti all’interno dello script, D’Antona si è rivelato perfettamente in grado di dar vita ad una storia pulita e ben strutturata, la quale, nonostante qualche prevedibile sbavatura di poco conto (la cotta di Andrea, amico di Ethan, per la bella medium è qualcosa che viene lasciato cadere nel vuoto, ad esempio), in linea di massima sembra funzionare.
Sono, in realtà, una regia a tratti troppo enfatica e a volte eccessivamente manierista – oltre ad una recitazione che non sempre convince (fatta eccezione per il personaggio di Ethan, interpretato dallo stesso D’Antona, e per quello di Andrea, impersonato da Francesco Emulo) – a rivelare una scarsa esperienza dietro la macchina da presa. Poco male, però. Pur avendo dato vita a un lavoro a tratti zoppicante e non particolarmente nuovo per stile e tematiche, con The Wicked Gift D’Antona ha indubbiamente dimostrato di avere parecchie potenzialità. Letta in tale ottica, questa sua opera può quasi essere considerata come una sorta di “riscaldamento” in vista di qualcosa di ben più importante e con maggior mordente e personalità. Di certo, il meglio deve ancora venire.

Marina Pavido

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