Maledetta ossessione
Spesso ci si dimentica quanto l’audio possa essere importante per un film. Il più delle volte ci si concentra sull’immagine, sulla sua composizione, sullo stile e sull’estetica, mettendo erroneamente in secondo piano la componente sonora che, come dimostra l’opera prima di Lauren Hadaway, può diventare persino uno strumento di storytelling. Che il suono potesse occupare un ruolo principale nel film d’esordio di una delle sound designer più conosciute al mondo, con all’attivo pellicole del calibro di Zack Snyder’s Justice League, The Hateful Eight e Whiplash, se non era scontato poco ci mancava.
In The Novice, presentato in anteprima italiana nel concorso al 36° MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer dopo i quattro riconoscimenti ottenuti al Tribeca Film Festival 2021 (tra cui proprio quello per il suolo), quello che si ascolta e che va oltre l’impianto dialogico non rappresenta un mero contributo tecnico alla causa, bensì il suo valore aggiunto, in grado di trasformare la fruizione in un’esperienza immersiva e sensoriale. Ciò, mescolato con una regia eclettica e un montaggio ipercinetico, permette allo spettatore di turno di essere travolti dal percorso di autodistruzione imboccato dalla protagonista per primeggiare nel suo sport alla ricerca di una perfezione che si sa non esiste. Ciononostante Alex Dall è fatta così e non vuole sentire ragioni. Lei vogatrice alle prime armi, vuole scalare i ranghi della squadra di canottaggio del college; la fisica non è la materia in cui va meglio, e ripete gli esami finché non ottiene il massimo dei voti. Sempre in cerca di sfide e di successo, non tiene conto del costo in termini di relazioni umane e di fatica fisica. E’ ovvio che le compagne di squadra la odino e che la donna con cui ha una relazione si allontani da lei perché non sopporta di vederla soffrire. Ma cosa succede dopo aver raggiunto tutti i traguardi, dopo aver conseguito il successo ed essere stata la migliore?
A queste domande prova a dare una risposta la regista statunitense con un film duro da digerire, che abbraccia per poi andare ben oltre il classico sport-drama, con tutto il suo carico di temi e stilemi. Qui non si tratta solamente della vittoria, del farcela, del riscatto dell’outsider di turno, ma si entra nella dimensione psicologica che va al di là del cammino agonistico per sfociare in una spirale di autodistruzione dalla quale sarà difficilissimo uscire. La Hadaway ci guida lungo la strada che dal buio profondo della mente della protagonista, qui interpretata con una grande prova fisica ed emotiva da una Isabelle Fuhrman (è stata la piccola di Orphan e la Clove in The Hunger Games) in stato di grazia, ci riporta alla luce della vita al termine della galleria. Il ché fa di The Novice un dramma umano ancora prima che sportivo, che parla di un’ossessione e di come questa può diventare un pericolo per chi la nutre.
Francesco Del Grosso
Ma il simbolo del granchio, che compare ogni volta che la protagonista giunge all’estremo delle forse o a quella che parve essere una vittoria (anche se non la raggiungerà mai?). Il granchio che torna indietro? O al simbolico dalle fatiche di Ercole a tutta la mitologia? Mi parrebbe interessante approfondire.
*forze