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The Monster

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VOTO: 7

Nostalgia canaglia

Cercando di riesumare la sua carriera di successo, uno dei mostri per eccellenza del cinema del ventesimo secolo prende parte ad un moderno film slasher. Pur trovando la nuova produzione alquanto di cattivo gusto, si innamora della sua coprotagonista che lo definisce “Incredibile” e lo incoraggia a non avere paura della sua vera natura. Ma quando egli ascolta una conversazione fra Madeleine e i suoi colleghi attori in cui lo prendono in giro, decide di mostrare al cast e alla troupe che cosa sia realmente la paura e il terrore.
Nella sinossi di The Monster, presentato nel concorso cortometraggi della 14esima edizione del Ravenna Nightmare Film Fest, si possono rintracciare con estrema semplicità il messaggio e le intenzioni su e intorno ai quali prende forma e sostanza la drammaturgia e il suo racconto. Un’opera, quella firmata da Bob Pipe, che è un chiaro omaggio ai bei tempi che furono, alle grandi stagioni dell’horror dal passato glorioso old style, come ad esempio quello prodotto tra gli anni Cinquanta e Settanta dalla celeberrima Hammer Film. Ed è da quella produzione ventennale, dallo spirito che la pervadeva, che Pipe è andato ad attingere a piene mani per costruire uno script nel quale si facesse riferimento a coloro che l’horror lo hanno saputo fare decisamente bene, tanto basta per prendere indirettamente in giro coloro che oggi al contrario non ne sono capaci. Mettendo alla berlina con l’inconfondibile umorismo very british il genere nella sua non sempre brillante e riuscita versione contemporanea, che non sembra riuscire a fare a meno della computer grafica, lo short lancia un disperato SOS a chi avrà le orecchie e gli occhi ben aperti e disposti a recepirlo.
Ma non è tutto. Nella pellicola breve scritta e diretta dal cineasta inglese il tono nostalgico e quello parodistico si mescolano senza soluzione di continuità, non solo per dare origine a una black-horror-comedy di buona fattura, ma anche per farsi portatrice sana di una serie di temi universali, qui sviscerati attraverso gli strumenti e i codici messi a disposizione dai suddetti generi di riferimento. Da parte sua e seguendo traiettorie diverse, sulla falsa riga e in linea concettuale con quanto fatto in precedenza da David Lynch in The Elephant Man o Sam Raimi in Darkman, il regista e sceneggiatore britannico ci parla dell’identità e della sua accettazione da parte di se stessi e del mondo circostante (compresa la diffidenza e la paura nei confronti dell’altro, del cosiddetto diverso da noi). Ed è attraverso la figura mostruosa del protagonista, delle sue difficili relazioni sociali e del suo conflitto interiore, fatto di emozioni e comportamenti contrastanti, che certe tematiche acquistano sostanza per poi  materializzarsi sul grande schermo.

Francesco Del Grosso

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