Dal cinema al nostro presente distopico
Arriva nelle sale Insurgent, secondo capitolo della serie Divergent nata dalla penna di Veronica Roth; e Tris e Quattro, i protagonisti, tornano a lottare per la propria libertà. In questo micro mondo, la ‘Divergenza’ di Tris può rompere le barriere e dimostrare che la reclusione in fazioni della popolazione è solo un ostacolo all’espressione del singolo. Amore, frasi melense e molta computer grafica sono la cornice di questo concetto, ma anche il metodo vincente per riempire le sale di adolescenti.
Inutile poi sottolineare che l’interpretazione dei protagonisti è incastrata nello standard a cui siamo abituati da Twilight in poi, e che nessuna novità avrebbe fatto sperare in un cambiamento di rotta. D’altra parte, si sa, guai a darla vinta ai super cattivi, che di umano hanno solo l’aspetto, perché “i buoni”, dopo mille traversie, sono destinati a coronare il sogno d’amore e libertà. Tralasciando questi grandi dettagli, c’è da dire che, come sempre, il futuro distopico apre largo spazio alla riflessione sociale. Il futuro in cui Tris e Quattro sono ingabbiati è un contenitore sterile dal quale è impossibile sfuggire: la società non concede all’individuo di essere “diverso” e l’intraprendenza, le larghe vedute, la ribellione devono essere schiacciate immediatamente perché potrebbero destabilizzare gli equilibri corrotti che reggono la facciata istituzionale. Questo discorso, per quanto abusato nel cinema, è diventato un luogo comune nonostante di comune, in fondo, abbia solo la verità che costringe quasi tutti i giovani, “non raccomandati”, a farsi strada tra i sassi di una società in crisi morale più che economica. “L’intraprendenza paga sempre”, dicono i saggi, che forse sono troppo anziani per vedere con occhi lucidi la realtà odierna. Ad oggi Tris e Quattro sono tutti i milioni di stagisti demoralizzati e mortificati da una società interessata solo a succhiare speranze ed energie e poi scaricare i cadaveri dei malcapitati nel mare di sogni infranti. I supercattivi? Esistono davvero, e si chiamano dirigenti, direttori, professori universitari, rettori, primari, avvocati, sindaci, assessori e via dicendo perché la lista potrebbe prolungarsi per il resto dell’articolo. Il potere inebria gli animi e corrompe i cuori che senza scrupoli possono abusare della debolezza di chi tutti i giorni, con o senza rimborso spese, si sveglia la mattina per crearsi un futuro. E i diritti dello stagista, allora? Un’utopia scritta solo su fogli volanti perché in realtà nessuno, nel fiore delle proprie speranze, si può permettere di spendere una parola in più per difendere la propria dignità. Anche perché, diciamo la verità, quanto vale la parola di un umile stagista contro quella del proprio capo? Insomma il potere è tiranno e l’abuso è legge eppure una possibilità se la meriterebbero tutti coloro che si impegnano onestamente. Le aziende ormai sono rimessaggi di stagisti temporanei, quasi gratuiti, e intanto il tempo passa, i ventenni compiono 30 anni e poi trovare un lavoro vero diventa un miraggio.
Al cinema Tris e Quattro rompono il sistema, mentre, in questo presente distopico, sarebbe l’ora che i ragazzi si organizzassero per rivendicare il diritto alla speranza, al futuro, al lavoro.
Federica Bello