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The Big Sick

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VOTO: 8

E’ molto complicato

Ci sono esistenze che sembrano ispirate da un film e, ovviamente, film che si basano su fatti realmente accaduti. Poi ci sono lunghi frammenti di vita vissuta che paiono film partoriti dalla mente di Judd Apatow, regista, sceneggiatore e produttore ormai da tempo in possesso di un proprio inconfondibile marchio e, purtroppo, ancora sottostimato nei nostri lidi. The Big Sick, per come affronta tematiche come la malattia in parallelo alla necessità di far ridere per vivere, è esattamente uno di questi. E la bellezza straordinaria dell’opera diretta da Michael Showalter – assieme a tanta televisione di qualità ricordiamo almeno il suo lungometraggio Hello, My Name Is Doris del 2015 – risiede proprio nell’intreccio inestricabile tra realtà e finzione. Perché la storia vera dell’innamoramento tra l’attore e commediante Kumail Nanjiani e la studentessa Emily Gordon, con malattia di lei in agguato, sembra proprio una sceneggiatura scritta da Judd Apatow ricca di molteplici affinità con il suo fondamentale Funny People (2009). Comprensibile dunque che Apatow non si sia lasciato sfuggire l’opportunità di produrre The Big Sick, affidando la sceneggiatura proprio alle mani di coloro che hanno realmente trascorso tali esperienze.
Kumail Nanjiani – fuori dalla diegesi del film star della divertentissima e urticante serie tv Silicon Valley, il quale in The Big Sick dimostra di essere interprete completo – è un immigrato pakistano che frequenta, come aspirante comico, locali di cabaret per sbarcare il lunario. Nel corso di una serata conosce Emily (nel film interpretata, molto bene, da Zoe Kazan), spigliata studentessa. La scintilla dell’empatia scatta immediatamente, a suon di reciproche battute pungenti. Ma i genitori tradizionalisti di Kumail puntano al matrimonio combinato con qualche ragazza pakistana – esilaranti le sequenze famigliari, con pranzi e cene continuamente interrotti dall’arrivo di giovani visitatrici candidate a diventare promesse spose – e le varie differenze caratteriali e culturali, in generale, si fanno sentire tra i due giovani. In più ecco sopraggiungere, da parte di Emily, l’insorgere di una rara malattia degenerativa che ne mette addirittura a rischio la vita, mandandola in coma farmacologico per un lungo periodo. The Big Sick diventerà dunque la cronaca di un rapporto del tutto particolare che si evolverà giorno dopo giorno, anche nell’ambito della conoscenza di Kumail con i genitori di lei.
Dalle premesse appare chiaro come The Big Sick non possa essere considerata una semplice commedia ridanciana. Tutti i film partoriti dalla factory di Apatow hanno sempre contato su un retrogusto di spessore capace di elevarli ad opere in perfetto equilibrio tra sorriso ed emozione mai banale. Aspetto che in The Big Sick trova il suo apogeo, grazie soprattutto ad uno strepitoso lavoro di commistione tra, appunto, vita vissuta e dimensione cinematografica. Un film che, come spesso accade anche nei lavori direttamente plasmati da Apatow, possiede il coraggio di prendersi i propri tempi evadendo dalle canoniche durate brevi di genere (questo dura due ore) e celando un numero così elevato di sottotesti da essere obbligatoriamente considerato un’opera di non facilissima e immediata assimilazione. Su tutto spicca un percorso di crescita che accomuna gran parte di personaggi che sarebbe il caso di definire persone: passione, poesia, condivisione, amore, timori, difficoltà relazionali e disincanto sono solo parole che riassumono il minimo indispensabile di un film che andrebbe visto (anche) allo scopo di comprendere qualcosa in più di quell’enigma continuo chiamato esistenza. Con la medesima umiltà nel riconoscere i propri errori che si assumono, cammin facendo, i due protagonisti, una volta ammesso che le cose, persino al di là delle loro intenzioni, cambiano senza soluzione di continuità perché così deve essere.
Attenzione ai naviganti, allora: The Big Sick, opera dalla regia che si fonde armonicamente con coloro che mette in scena, è una piccola, grande, commedia umanista come poche volte capita di ammirare al cinema. Non perdetela a nessun costo.

Daniele De Angelis

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