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Sword Master 3D

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VOTO: 4.5

L’amore scorre sulla lama

A coloro che non capita spesso di confrontarsi con il wuxia, un film come Sword Master 3D non può che apparire come un divertente giocattolone, capace di regalare un’abbondante dose di intrattenimento a buon mercato grazie ai duelli che sfidano la forza di gravità e a una copiosa pioggia di effetti speciali. Di conseguenza, la visione della pellicola di Derek Yee, presentata nella Selezione Ufficiale dell’11esima edizione della Festa del Cinema di Roma, non potrà che saziarne l’appetito.
Al contrario, chi è assiduo frequentatore del genere in questione e ne è abituale consumatore non potrà che condividere il nostro giudizio a riguardo, che a conti fatti non è altrettanto positivo. Chi come noi di wuxia ne ha masticati a sufficienza, infatti, può affermare senza dubbio alcuno che quanto portato sul grande schermo dal regista e attore hongkonghese non ha nulla di particolarmente esaltante, in grado di meritare un posto nella storia del nobile e longevo filone. I motivi sono svariati, tanto che elencarne i limiti e i demeriti potrebbe diventare un vero e proprio tiro al bersaglio, per cui prima di procedere con lo stillicidio, sarebbe corretto per diritto di cronaca citare l’unica nota positiva dell’intero progetto. Quel qualcosa è la resa dei conti che anticipa l’epilogo e lo scorrere dei titoli di coda di questo mediocre spettacolo marziale, consistente in un combattimento tutti contro tutti che acquista sostanza grazie a una coreografia decisamente più efficace per resa e ritmo, rispetto a quanto mostrato sino a quel momento. Il resto del menù, per quanto concerni i duelli e gli scontri a mani nude, non vale il prezzo del biglietto, specialmente se maggiorato nel costo per via della componente stereoscopica. Il 3D per gran parte della fruizione si riduce a un mero accessorio, con Yee che decide di sfruttarne il potenziale visivo per alzare il tasso di spettacolarità solamente nella già citata scena della resa dei conti. Ma è davvero troppo tardi per cambiare le sorti dell’opera, tanto da riuscire a invertire il trend negativo che caratterizza la timeline. E la cosa in sé è davvero sorprendente, visto che al timone della produzione c’è Tsui Hark, un regista che il 3D ha saputo sfruttarlo al meglio in entrambi i capitoli di Detective Dee.
L’inefficienza del fattore tridimensionale è, però, solo una delle pecche riscontrabili in un progetto che dal punto di vista della confezione estetico-formale ha davvero poco da dire e da mostrare. La scarsa qualità degli effetti visivi è piuttosto evidente, in primis sul versante del maldestro utilizzo del green screen e del wire work. Quest’ultimo, determinante per le evoluzioni e le coreografie marziali, sono ben lontane dagli standard ai quali il wuxia e le sue più riuscite espressioni di ieri e di oggi ci hanno abituato. In tal senso, il gap con opere riuscite come La tigre e il dragone, Hero o La foresta dei pugnali volanti non è assolutamente colmabile, figuriamoci con capolavori del passato come Come Drink with Me, I dodici medaglioni, A Touch of Zen o Death Duel.
Lo scoglio insormontabile per Sword Master 3D è rappresentato in primis dallo script, nonostante dietro vi sia un romanzo solido come quello firmato da Gu Long dal titolo “The Third Master’s Sword” (1975), alle cui pagine il regista hongkonghese si è ispirato per la sua ultima fatica dietro la macchina da presa.  La pellicola ne riprende in gran parte l’intreccio, ma non ne riesce a restituire sullo schermo il potenziale drammaturgico intrinseco che vi alberga, caratterizzato in tutto e per tutto dagli ingredienti imprescindibili del genere dal quale trae linfa narrativa, a cominciare dall’intersecarsi delle trame marce del Potere e quelle più delicate delle relazioni sentimentali. Di conseguenza,  il tentativo di rendere omaggio alla matrice originale, al wuxia in generale e ai suoi grandi esponenti (da Chang Cheh a King Hu), si scioglie come neve al sole. Delusione!

Francesco Del Grosso

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