Imparare a volare
Giovani Spider-Man crescono. Se Homecoming rappresentava la (quasi) perfetta istantanea di quella fase di passaggio dall’adolescenza alla tappa successiva di un percorso di crescita, peraltro giustamente esplicitata in un’estetica da classico teen-movie, questo Spider-Man: Far From Home ne mostra gli effetti conseguenti, ovvero le estreme difficoltà nel rapportarsi in tutto e per tutto con il “variegato” – per non dire ipocrita e ricco di colpi bassi – mondo degli adulti. Con ancora l’imberbe Tom Holland, nel ruolo di Peter Parker/Spider-Man, a districarsi faticosamente in un macrocosmo senza dubbio più complesso e intricato delle ragnatele che lui stesso spara dai polsi.
Non manca dunque la coerenza narrativa, sia interna al protagonista che in generale, a questo chapter two da quando il progetto della Marvel è passato tra le mani del bravo Jon Watts, regista il quale anche nei precedenti Clown (2014) – peraltro horror molto sottovalutato – e Cop Car (2015) era riuscito ad illustrare più o meno brillantemente una fase di transizione esistenziale da parte dei personaggi messi in scena. E in questo caso, come suggerisce anche il titolo, il liceale Peter Parker “evade” dalla comfort zone di casa per una vacanza europea – con tanto di parentesi veneziana “arricchita” da un italiano storpiato, come leggenda cinematografica statunitense vuole – assieme al resto della classe in cui sarà per certi versi costretto a rimodulare se stesso e la propria figura di super-eroe, nel tentativo di raccogliere il testimone da parte di coloro che non ci sono più, tipo Tony Stark/Iron Man. Del resto Avengers – Endgame è un ricordo ancora ben vivido in quel saggio teorico sui vasi comunicanti che continua ad essere l’universo cinematografico targato Marvel Studios.
Tutto fila liscio, allora, anche in Spider-Man: Far From Home? Non esattamente. Perché tra i punti deboli dell’operazione è necessario purtroppo annoverare un “reparto vilain” non esattamente all’altezza. E sappiamo tutti quanto sia importante la figura, al singolare oppure al plurale, dell’antagonista in questo genere di film. Intendiamoci: l’introduzione di Quentin Beck/Mysterio (interpretato, ironia della sorte, da quel Jack Gyllenhaal già papabile Uomo Ragno ai tempi della trilogia firmata da Sam Raimi) porta senz’altro lustro a Spider-Man: Far From Home con tutto il suo carico di ambiguità; e tuttavia si avverte la mancanza di un Michael Keaton, presente invece in Homecoming, pronto a dare prova di istrionico talento in un siffatto contesto. Aggiungiamo poi la considerazione che le sequenze d’azione risultano davvero un po’ troppo appesantite da un utilizzo a dir poco massiccio della famigerata computer graphic ed ecco individuata la zavorra che non permette al film di Watts di decollare leggiadro tra i grattacieli come riesce invece a Spider-Man nel pregnante e romantico epilogo del film in compagnia della “sua” Mary Jane. Ulteriore testimonianza di come possa essere l’amore la sola possibile ragione di completamente del singolo individuo. Tutto ciò in un lungometraggio che, in una cornice prevalentemente da commedia brillante aggiornata, come sempre accade nelle opere Marvel non lesina pure brucianti verità sul presente, sulla tecnologia che impera a scapito dai rapporti umani, sule fake news provenienti da quella sorta di cloaca a cielo aperto che sempre più spesso si dimostra la Rete, autentico Grande Fratello dei nostri tempi.
Ci suggerisce insomma Watts, assieme agli sceneggiatori Chris McKenna ed Erik Sommers, che la maturazione individuale è tutt’altro che un processo caratterizzato da “rose e fiori”. Là fuori il mondo è brutto, pieno di doppiezze, trabocchetti ed inganni. Perciò va interpretato per essere poi, in qualche modo, tenuto sotto controllo. Ed il primo dei due post scriptum sui titoli di coda, davvero fondamentale per comprendere al meglio dove si andrà a parare con il più che probabile ulteriore sequel, sta lì a dimostrarlo. C’è dunque di che sperare che la crescita artistica della nuova saga sull’arrampicamuri possa andare di pari passo con quella del suo protagonista indiscusso: un ragazzo tormentato di fronte alla responsabilità di crescere. Uno di noialtri, insomma.
Daniele De Angelis