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Something Must Break

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VOTO: 6.5

Quante barriere, quanti pregiudizi!  

Film scandalo in Svezia, vincitore di numerosi premi ai festival di Rotterdam e Göteborg, Something Must Break – diretto da Ester Martin Bergsmark – soltanto in Italia non ha avuto alcuna risonanza. Almeno fino alla sua presentazione ufficiale al Nordic Film Fest 2016. Sarà che un tema del genere – trattato in modo che nulla venga risparmiato allo spettatore – è davvero troppo per un paese che fa ancora fatica ad abbattere determinate barriere e pregiudizi. Ma cos’è che, in fondo, in questo ultimo lungometraggio di Bergsmark, ha fatto scandalo? Non si è già parlato a sufficienza di omosessualità e transessualismo? Evidentemente non nei termini in cui il giovane regista svedese ha realizzato la sua ultima opera. Ma procediamo per gradi.
Sebastian da sempre non si riconosce nel suo corpo di ragazzo. Dentro di lui vive Ellie, che pian piano inizia ad affacciarsi sul mondo esterno. Andreas, invece, è un ragazzo che si è sempre considerato eterosessuale. Quando tra i due scoppierà la passione, per quest’ultimo sarà difficile accettare questo nuovo ed inaspettato lato di sé e la nascente relazione attraverserà, di conseguenza, non pochi momenti difficili.
Something Must Break, ovviamente, non è il primo lungometraggio a trattare un tema del genere. Basti pensare al recente The Danish Girl – in concorso alla 72° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia – e persino all’italiano Aria, diretto nel 2009 da Valerio D’Annunzio, con un grande Roberto Herlitzka. L’opera di Bergsmark, però, a differenza degli altri prodotti, non lascia spazio ad edulcorazioni o censure di qualsiasi genere, ma, al contrario, presenta scene spesso e volentieri crude o di sesso esplicito, oltre che di grande impatto emotivo. E, come sappiamo, tutto ciò, in genere, spiazza sia il pubblico che gli addetti ai lavori.
Eppure, in questo caso, ci troviamo di fronte ad un prodotto estremamente sentito, che vuole rivendicare il diritto di essere sé stessi quasi con rabbia e che presenta parecchi elementi di interesse. Primo fra tutti, la regia. Visivamente parlando, infatti, il lungometraggio di Bergsmark dà prova di un’attenzione molto particolare all’essere umano, ai dettagli ed al corpo. Noi diventiamo i protagonisti del film o, ad ogni modo, abbiamo l’impressione di conoscere da tempo i personaggi qui raccontati. Interessante, a questo proposito, la scelta di inserire di quando in quando scene con evidenti rimandi alla pittura barocca, con un rigoroso slow motion e con un uso del digitale che, per certi versi, fa persino pensare ad Antichrist o a Melancholia di Lars von Trier.
Una straordinaria caratterizzazione dei personaggi, inoltre, rende il tutto credibile ed estremamente realista. L’unica pecca è che, proprio per la rabbia, per il desiderio di raccontare, questo film risulti, a tratti, piuttosto forzato (basti pensare alla scena della rissa in casa di Andreas o alla scelta di un finale aperto).
Detto questo, però, Something Must Break si è dimostrato come un’opera molto particolare nel suo genere, che merita di essere vista proprio per questa visione trasversale del transessualismo, che, a sua volta, malgrado sia stato spesso trattato, ancora oggi risulta essere un tema di cui, in realtà, si conosce davvero poco.

Marina Pavido

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