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Benvenuti…ma non troppo

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VOTO: 6

Gioie e tormenti della condivisione

Rose e spine della commedia francese contemporanea. Ad esplicarli quasi alla perfezione ecco questo Benvenuti…ma non troppo, firmato dalla regista Alexandra Leclère, autrice sin qui di pellicole dalla qualità altalenante sebbene non prive di originalità. Tra le note positive che spiccano ad una prima lettura l’idea, nello Stivale ormai considerata alla stregua di un “peccato mortale”, che un film possa divertire partendo da uno spunto serissimo. E anche molto semplice: durante un inverno particolarmente gelido il governo – ovviamente di sinistra – emana un provvedimento d’emergenza che “obbliga” tutti coloro in possesso di appartamenti spaziosi ad ospitare persone disagiate prive di alloggio. Un autentico terremoto per il cosiddetto status quo, riguardante soprattutto la buona borghesia parigina. Da questo spunto in poi il quarto lungometraggio della cineasta transalpina ha gioco facile nel mettere a nudo le varie ipocrisie che affliggono i personaggi mostrati. Conservatori fieramente sprezzanti nei confronti del proletariato che si rivelano improvvisamente in possesso di un cuore capace di aprirsi all'”estraneo”; oppure sinistrorsi intellettualoidi in salsa radical-chic che, a stretto contatto con l’immigrato sempre appoggiato a distanza di sicurezza dimostrano appieno tutta l’intolleranza che in realtà covava sotto la cenere delle apparenze. O addirittura convinti e isospettabili lepenisti-nazionalisti che dapprima sfruttano la situazione a scopo lucrativo per poi cedere anche loro, borbottando, al buonismo di fondo che permea l’intero film. Appunto. L’impegno nel satireggiare (con la massima cautela) le classi sociali di un paese che da sempre è la culla europea del melting pot razziale – pagando per questo anche un salatissimo prezzo al terrorismo di pseudo matrice islamica; ma questo è tutt’altro discorso… – c’è tutto, ma viene ben presto contraddetto dalla più classica legge da botteghino, quella che prevede una catartica presa di coscienza per ogni personaggio ivi descritto al puro scopo di far tornare a casa lo spettatore pagante felice e contento, nonché con buona disposizione d’animo.
Fatalmente, allora, il passo in grado di raccontare una situazione certamente ipotetica ma anche verosimile, si rivela assai scivoloso ed irto di difficoltà. Perché la commedia di caratteri, nobile genere di appartenenza di Benvenuti… ma non troppo, rischia a più riprese di divenire bozzettistico presepe di statuine non più dotate di alito vitale ma piuttosto della freddezza tipica dello stereotipo. Il limite principale di questo prodotto cinematografico senza dubbio intelligente sia nelle intenzioni di partenza che nello spunto, resta dunque quello di voler assestare un colpo al cerchio ed assieme alla botte, cioè far sorridere senza graffiare più del dovuto i corpi sociali presi di mira, che poi sono per l’appunto gli stessi che vanno al cinema a pagare il prezzo del biglietto. Una contraddizione di fondo pressoché irrisolvibile per un’operina che ambirebbe sulla carta a ben altro rispetto che ad una normale routine, ma che solo a tratti assolve completamente al suo principale compito di intrattenere senza mettere in totale stand-by le cellule grigie. Anzi, i tempi morti frustrati da una certa stucchevolezza di fondo non sono affatto pochi. Chiaro, se poi confrontiamo Benvenuti…ma non troppo – la titolazione italiana riecheggia furbescamente Benvenuti al Sud, mentre quella originale, ovvero Le grand partage, cioè La grande condivisione, pone ironicamente l’accento sul nucleo del problema – con la stragrande maggioranza delle commedie nostrane ci fa un figurone, nel sacro nome della relatività di qualunque cosa. Però quel senso di sciovinismo assolutorio che avvolge l’intero film rimane, alla fine della fiera, una strada che non permette soverchie vie d’uscita che non siano quelle a condurre il film di Alexandra Leclère verso una satira corrosiva di pura facciata.

Daniele De Angelis

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