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Slam – Tutto per una ragazza

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VOTO: 6

Tony aiutami tu

Chi conosce Nick Hornby sa benissimo quale e che tipo di feeling c’è tra lui e la Settima Arte. Un rapporto, il loro, ormai consolidato dal percorso come sceneggiatore (ultimo in ordine di tempo lo script di Brooklyn, a sua volta tratto dalle pagine del romanzo omonimo di Colm Tóibín, per la regia di John Crowley) e dai tanti adattamenti per il grande schermo dei suoi libri, a cominciare da Febbre a 90° sino al più recente Non buttiamoci giù. Eppure c’è una scintilla che davvero non riesce a scoccare, ossia quella tra la sua produzione letteraria e i registi italiani che hanno deciso di acquistarne i diritti per farne dei film. Ad oggi è successo due volte e in entrambi i casi i risultati non sono stati particolarmente brillanti e soddisfacenti: prima Lucio Pellegrini con È nata una star? nel 2012 e ora Andrea Molaioli con Slam – Tutto per una ragazza, presentato in anteprima nella sezione Festa Mobile della 34esima edizione del Torino Film Festival e prossimamente nelle sale con Universal. Fatto sta che due volte su due le cose non hanno preso la giusta piega e se il detto popolare “non c’è due senza tre” non invertirà il suo trend negativo, allora la speranza che questa non fortunata statistica cambi rotta è ridotta al lumicino.
Chi ha avuto modo di leggere il libro del 2008, edito in Italia da edito da Guanda, già conoscerà la trama e i personaggi che la animano. Ovviamente, l’essenza del racconto, gli elementi centrali, certe dinamiche narrative e quelle tra i personaggi, restano inalterate, con Molaioli che riprende a grandissime linee e quasi fedelmente le traiettorie drammaturgiche e le one line dei personaggi. Ovviamente, nel processo di trasposizione non potevano mancare una serie di aggiustamenti nel tiro, che riguardano principalmente lo spostamento geografico dell’azione dalla Londra dell’originale a Roma. Il cambio di coordinate geografiche ha comportato a cascata altre modifiche relative al contesto e al disegno dei personaggi, ma a conti fatti non c’è uno stravolgimento e un allontanamento drastico significativo dalla matrice letteraria. Di conseguenza, ritroviamo sullo schermo il sedicenne Sam e il suo inseparabile skateboard, che per lui rappresenta davvero tutto: passa le sue giornate allo skatepark e confessa addirittura pensieri e paure al poster di Tony Hawk, il più famoso skater di sempre. Ma il vero sogno di Sam è diventare il primo rappresentante della sua famiglia a frequentare l’università, senza ripetere l’errore commesso dalla madre, dal nonno e dal bisnonno… Vale a dire, diventare genitore a sedici anni. Quando Sam incontra Alice, l’amore entra nella sua vita, un amore così intenso da allontanarlo da tutto e da tutti. Persino dallo skateboard. Ma per il povero Sam le novità non sono ancora finite…
Statistiche e aggiustamenti a parte, la scelta di Molaioli di puntare su una storia come quella firmata da Hornby, visti i precedenti dietro la macchina da presa del cineasta romano con pellicole di ben altra consistenza, natura e soprattutto genere, ci ha davvero colto di sorpresa. Passare da drammi mistery e sociali come La ragazza del lago e Il gioiellino a un vero e proprio coming of age come Slam non era per nulla semplice, ma soprattutto scontato. Che insistesse sulla stessa strada poteva essere preventivabile e rischioso, ma che cambiasse totalmente rotta non lo era altrettanto, anche se dopo la traballante e discontinua opera seconda forse una rottura con il passato e con quanto fatto precedentemente serviva. L’intelligenza di un regista, a nostro avviso, si misura anche dal suo spirito di adattamento nei confronti di ciò che lo circonda e anche nella volontà di rinnovare la propria proposta, senza però snaturarla. In tal senso, il coraggio di imboccare una nuova e differente strada ci è sembrata una decisione saggia e più che apprezzabile. Del resto, si deve pur mangiare e in Italia puntare sulla commedia per risalire la china dopo uno scivolone sembra essere diventato l’unica scialuppa di salvataggio sulla quale salire per sopravvivere. Che anche Molaioli abbia deciso di salirci sopra per evitare di naufragare nel panorama cinematografico nostrano, sinceramente non fa per nulla notizia. Peccato, perché secondo noi un altro tentativo lontano dalla commedia avrebbe potuto farlo.
Ma è inutile piangere sul latte versato e ora ci dobbiamo misurare con il suo Slam. Il soggetto del romanzo non è di certo originalissimo, ma la scrittura eclettica, ricca e fortemente visiva di Hornby, che sembra avere incorporato nelle sue radici un seme cinematografico, lo aiuta quantomeno a condurre la nave in porto, diversamente da quanto fatto dal connazionale Lucio Pellegrini con il disastroso È nata una star?. Questo DNA non può fare altro che agevolare il lavoro di trasformazione delle pagine in immagini, suoni e parole, con Molaioli che si limita a portare sullo schermo il racconto dello scrittore e sceneggiatore britannico. Ne viene fuori una commediola che sa anche strappare qualche sorriso e il merito è più che altro dei duetti tra il padre interpretato da Luca Marinelli e il protagonista Sam, nei panni dei quali si cala il giovanissimo e promettente Ludovico Tersigni. Per il resto, il menù è di quelli già visti, che hanno il retrogusto della minestra riscaldata, con temi e stilemi connessi. Se poi il tutto arriva a poca distanza da pellicole più o meno simili come Piuma di Roan Johnson e Keeper di Guillame Senez, allora l’operazione perde decisamente di interesse.

Francesco Del Grosso

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