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Piuma

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VOTO: 6

Un film leggero con limiti pesanti

A due anni da Fino a qui tutto bene (2014), che si aggiudicò il premio del pubblico al Festival del Cinema di Roma, Roan Johnson debutta alla Mostra del Cinema di Venezia 2016 con Piuma, tra i film in concorso di questa 73esima edizione. Già da quando venne reso pubblico il programma della manifestazione, la sezione scelta per il film di Johnson suscitò non poche perplessità: il suo talento non è ancora stato unanimemente riconosciuto dalla critica, e un battesimo così brusco, per di più in un ambiente che si presume essere formale quando non tendente all’intellettualismo, potrebbe rivelarsi rischioso. E infatti la proiezione stampa di Piuma è stata accolta da applausi tiepidi e da qualche fischio.
Dopo Fino a qui tutto bene, Roan Johnson torna ad occuparsi dei giovani, e ci racconta la storia di Ferruccio detto Ferro (Luigi Fedele) e Caterina (Blu Yoshimi), alle prese con una gravidanza inaspettata. Un argomento che in più casi si è dimostrato cinematograficamente accattivante e di forte richiamo per il pubblico, soprattutto se affrontato con un piglio leggero e scanzonato (basti citare il caso di Juno (2007)).  Al film di Johnson va infatti riconosciuto il merito di strappare qualche risata, servendosi di un umorismo elementare e nel complesso genuino, senza bisogno di ricorrere a bassezze e volgarità: protagonista della maggior parte dei siparietti è Sergio Pierattini, che interpreta il padre toscano di Ferro, in perenne agitazione a causa del figlio scavezzacollo.
Ma per quanto Piuma possa dimostrarsi comicamente efficace (lo confermano le risate che hanno accompagnato la proiezione stampa di questa mattina), sono davvero troppi i cliché ai quali ricorre pur di assicurarsi il plauso del grande pubblico: due padri dal temperamento opposto, un nonno amabilmente scontroso,  le avvisaglie di maturità in una coppia adolescente, oltre al soggetto che ha del già visto, concorrono a formare un quadro convenzionale, insufficiente a dare alla commedia italiana il rinnovamento di cui avrebbe bisogno. A ciò si aggiunga la cadenza romanesca troppo accentuata e i due giovani attori non proprio professionisti, elementi che intaccano la credibilità del racconto, i cui tentativi di essere poetico e sentimentale (tutta la storia delle paperelle di plastica disperse in mare è metaforicamente debolissima), che assieme ad un finale poco plausibile nella sua sbrigatività, rappresentano gli aspetti di maggior debolezza.
Se vogliamo pensarla in termini di contesto, le reazioni scatenate da Piuma questa mattina derivano innanzi tutto dal suo essere profondamente fuori posto: è sì una commedia complessivamente godibile, ma che già alla prima visione tradisce molti limiti, decisamente troppi per essere un film in concorso a Venezia.

Ginevra Ghini

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