Siamo tutti sulla stessa barca
I giovani e il precariato: una storia tristemente attuale. Una storia che riguarda più o meno tutti noi. Una storia di cui, anche solo volendo restare in ambito prettamente cinematografico, si è parlato tanto. Troppo? Può darsi. Eppure, a quanto pare, dal momento che la lingua batte dove il dente duole, questo è uno dei temi preferiti da molti registi, sia alle prime armi che con un’importante carriera alle spalle. Sia che si voglia trattare l’argomento con toni drammatici, sia che si scelga, semplicemente, di riderci su. Fatto sta che, da un bel po’ di anni a questa parte, ormai, il tema del precariato e della disoccupazione sembra diventato il leit motiv del cinema nostrano. O meglio, di buona parte di esso. Poco stupisce, dunque, il fatto che, spesso, anche chi vuol affacciarsi per la prima volta al mondo del cinema, scelga di raccontare i giovani e i loro disagi con lavori e occupazioni varie. Questo, ad esempio, è stato il caso del gruppo di youtuber Il Terzo Segreto di Satira, i quali hanno realizzato la loro opera prima, Si muore tutti democristiani, presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2017 nella sezione Alice nella Città – raccontando proprio le vicende di tre sgangherati aspiranti registi, i quali sembrerebbero disposti a tutto (o quasi) pur di sbarcare il lunario.
È questa la storia di Enrico (in attesa del suo primo figlio dalla compagna), Fabrizio (sposato con una donna benestante, ma con cui non sempre va d’accordo) e Stefano (eterno ragazzone che divide ancora l’appartamento con altri studenti universitari). I tre sognano di diventare registi, appunto, e per riuscire ad arrivare a fine mese realizzano filmati per enti, associazioni e matrimoni. La svolta sembra arrivare nel momento in cui viene loro commissionato un lavoro – ben retribuito – per l’associazione Africando, il cui direttore, tuttavia, verrà presto accusato di riciclaggio di denaro. Che fare a quel punto? Accettare il lavoro e guadagnare abbastanza per stare tranquilli per un bel po’ di tempo o rifiutare, al fine di sentirsi a posto con la coscienza?
Quello su cui si vuol fare ironia è, qui, la tendenza di ognuno di noi a perseguire i propri ideali solo fino al momento in cui non ci si trova davanti a un bivio, o meglio, alla necessità di avere una vita quantomeno dignitosa. A tal fine, bisogna riconoscere che il gruppo di youtuber ha saputo sapientemente evitare tutti i cliché a cui un tema del genere è inevitabilmente soggetto. Soprattutto quando si parla di arte, unitamente al precariato. E la storia in sé sembra, di fatto, filare. Almeno fino a un certo momento, ossia, dopo che i tre protagonisti vengono messi di fronte al sopracitato bivio. A questo punto, infatti, la macchina da presa sembra seguire esclusivamente solo due personaggi – quello di Enrico e quello di Fabrizio – dimenticando quasi del tutto Stefano e riprendendolo solo poco prima della chiusura del lungometraggio. Il tutto, dunque, finisce inevitabilmente per diventare pericolosamente sfilacciato e discontinuo.
Eppure, momenti particolarmente interessanti ce n’è eccome. Primo fra tutti: il sogno di Enrico, in cui rivede suo padre (cameo di Cochi Ponzoni) e molte persone che hanno svolto un ruolo più o meno importante nella sua vita, ognuno dei quali cerca di convincerlo ad accettare il lavoro. Una scena che, per certi versi sembra aver attinto a piene mani sia dall’immaginario di Fellini che da Fantozzi e che, indubbiamente, funziona.
Tra una gag e l’altra, tra una disavventura e l’altra (e senza particolari scossoni), dunque, questo primo lungometraggio di Il Terzo Segreto di Satira sembra tutto sommato onesto e sentito. La questione, però, rimane principalmente una: se un domani ci si ricorderà di un film come Si muore tutti democristiani, sarà per il valore del film in sé o soltanto perché si tratta dell’opera prima di un affermato gruppo di youtuber? Solo il tempo potrà dircelo.
Marina Pavido