Un supereroe da (casa) famiglia
Ci voleva evidentemente un personaggio “spurio” e con un passato fumettistico già di per se romanzesco, a risollevare le sorti, al botteghino, dei rivali della Marvel Studios, quella DC Comics da sempre abituata a mangiare polvere. Sentiamo il dovere di sbilanciarci poiché consapevoli che questo Shazam! incontrerà di sicuro i favori del pubblico di riferimento – cioè quello adolescenziale – trattandosi di un brioso coming of age in chiave supereroistica venato di ironia e persino con qualche accento di tenerezza, oltre alle convenzionali dosi massicce di action e computer grafica non sempre necessarie alla narrazione.
Una storia, dunque, che vede un ragazzino quindicenne, tale Billy Batson, abbandonato molto piccolo dalla giovanissima mamma, venire investito di incredibili superpoteri da un anziano Mago pronto per la pensione e comunque regnante su un’altra dimensione densa di atmosfere orrorifiche. Uno spunto di partenza non eccessivamente originale, che strizza entrambi gli occhi al composito universo della saga di Harry Potter, ma capace di calamitare le attenzioni del pubblico più giovane attraverso uno spontaneo meccanismo empatico: la crescita obbligata dell’adolescente che, pronunciando la parola magica Shazam, si trasforma in un adulto fisicamente ben attrezzato ed in possesso di forza erculea, capacità di volare nonché di sprigionare enormi quantitativi di energia pura. Se lo spunto di base non ricorda qualcosa ai cinefili nati e pasciuti negli anni ottanta, ci penserà la regia corretta ma senza guizzi di David Sandberg – svedese passato ad Hollywood con alterne fortune: pollice verso a Lights Out, meglio con Annabelle 2: Creation – a ricordarlo loro, citando in maniera letterale, soprattutto nella sequenza d’azione ambientata nel negozio di giocattoli di un centro commerciale poi messo a ferro e fuoco, un film come Big, realizzato nel 1988 dalla recentemente scomparsa Penny Marshall.
La chiave di volta è tutta qui: Shazam! diverte allorquando mette in mostra le incertezze e le goffaggini di un teen-ager caricato, suo malgrado, di enormi responsabilità. Mentre scade in una routine sia visivamente che narrativamente molto sfruttata quando mette di fronte l’eroe (ben interpretato da Zachary Levi) al suo antagonista, il villain di prammatica Dottor Sivana (attenzione al prologo!). Il quale, nonostante la carismatica presenza attoriale di Mark Strong (visto nei due capitoli sin qui girati del ciclo Kingsman), non brilla certo per spessore, tenendosi ad accurata distanza di sicurezza dal livello quasi shakesperiano di certi “cattivi” partoriti dalla casa rivale Marvel. Difetti che non escludono affatto, comunque, una lettura morale di Shazam!: la crescita è un percorso accidentato che sarebbe meglio affrontare con il supporto della famiglia, anche adottiva, piuttosto che in triste solitudine. E nel lungometraggio in questione ciò avverrà nel modo più imprevedibile e, per certi versi, catartico.
A fine visione, comunque soddisfatti per un film giocattolo di costruzione tutt’altro che approssimativa e superficiale, rimane il dubbio su cosa sarebbe potuto diventare Shazam!, opera che sposa in maniera evidente un’estetica anni ottanta a maggior ragione nei contenuti, se il progetto fosse finito nelle mani, tanto per fare un nome non a caso, di un Joe Dante. Avremmo certamente visto innalzarsi esponenzialmente il tasso ludico del film in questione; e forse ci sarebbe stata una satira più marcata rispetto all’esigenza di “superomismo” che attanaglia molti componenti ben in vista della società globale contemporanea. Una curiosità da parte nostra che, purtroppo, non verrà mai esaudita, dato che i tempi sono esattamente quelli che corrono ed il passato diventa accettabile solo se riproposto su un versante innocuamente nostalgico.
Daniele De Angelis