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Se Dio vuole

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VOTO: 6.5

Le vie del Signore

Nemmeno troppo paradossalmente talvolta i difetti risaltano in misura maggiore se accostati a pregi abbastanza visibili. Vale per le persone, ma anche per i film. Da questo punto di vista Se Dio vuole, lungometraggio d’esordio di Edoardo Falcone – un passato recente di sceneggiatore, soprattutto per Massimiliano Bruno e le sue regie cinematografiche – può essere considerato alla stregua di un’attendibile cartina tornasole a proposito dello stato in cui versa la nostra, in un remoto passato mitica, commedia “all’italiana”.
Premettiamo subito che Se Dio vuole ci prova, a salire di qualche gradino rispetto alla totale vacuità di certi altri prodotti affini. Per un film che ambisce ad essere definito opera di sceneggiatura, piuttosto che di regia, è evidente lo sforzo operato in sede di scrittura dal duo Edoardo Falcone/Marco Martani di fornire di un qualche spessore il sostrato del loro lavoro. Ed è senz’altro da giudicarsi positivamente la scelta di mettere più o meno al centro di Se Dio vuole l’interrogazione dell’individuo nei confronti della fede, questione che emerge con un certo vigore nella parte finale di un film che possiede inoltre l’indubbio coraggio di un finale sospeso, lontano da quegli happy end preconfezionati che sono marchio di fabbrica di certo nostro cinema. Se a ciò si aggiunge un’azzeccata scelta di casting – quella cioè di assegnare i due ruoli principali all’impeccabile Marco Giallini e ad un ruspante Alessandro Gassmann in abiti talari, entrambi assolutamente perfetti nell’interazione recitativa – ecco che Se Dio vuole meriterebbe senz’altro la chance di una visione non di semplice e banale routine. Poi però, nel bilancio, risaltano anche i “soliti” difetti atavici di un genere pare aver dimenticato da parecchi decenni la capacità di osservare e mordere la società che ci circonda. Il canovaccio di partenza – un figlio che vuole farsi prete, dopo sospetti su una sua presunta omosessualità – è decisamente esile, mentre la satira sulla famiglia alto-borghese (Giallini interpreta un cardiochirurgo di fama di nome Tommaso), che avrebbe potuto e dovuto speziare ulteriormente l’insieme, risulta invece pallida e derivativa. A farne le spese, senza che ciò stupisca purtroppo più di tanto, è soprattutto il personaggio femminile di Laura Morante – nella finzione moglie di Tommaso/Marco Giallini – del tutto improponibile nella sua escalation da casalinga insoddisfatta a pasionaria dotata di alto sprezzo del pericolo che ritrova il gusto della lotta studentesca (!!) ben oltre i cinquant’anni di età. Ed anche gli altri personaggi di contorno patiscono una mancanza di tridimensionalità, rimanendo sospesi nel limbo che separa la commedia di costume dalla farsa di bassa lega che dovrebbe intercettare gusti e risate del pubblico meno smaliziato dal punto di vista cinematografico.
Emerge dunque un problema non da poco che riguarda la cosiddetta new wave della commedia nostrana. Soliti noti a parte (Pieraccioni, il trio Aldo, Giovanni e Giacomo, Vincenzo Salemme. Tanto per fare qualche nome…), da cui ci si attende esattamente quel tanto che riescono ad offrire, sono proprio i vari Fausto Brizzi, Marco Martani, Massimiliano Bruno ed ora Edoardo Falcone, reclusisi in una sorta di prematura auto-referenzialità, a deludere le aspettative di coloro che si aspettavano una ventata di aria nuova nell’asfittico panorama del genere. Con qualche impercettibile distinguo i loro film paiono sempre più assomigliarsi l’uno con l’altro: si mascherano di satira sociale intrisa di finta cattiveria per approdare alla fine ad un frettoloso rientro nell’alveo della normalità, di questioni dalla valenza “universale” come l’amore (preferibilmente etero), gli affetti familiari e, come nel caso di Se Dio vuole, il rapporto personale con l’Altissimo. Siamo, noi cinefili o spettatori, certo ben consapevoli di vivere in un paese a maggioranza cattolica, che ha nel Papa un illustrissimo, ideale, concittadino. Ma la verità è che una bella commedia autenticamente sulfurea a trecentosessanta gradi sta rientrando ormai da tempo immemorabile nel campo dei desideri impossibili da avverarsi. Senza per questo pretendere che venga fuori un nuovo Billy Wilder, al momento ci entusiasmeremmo anche per un Dino Risi di medio cabotaggio. Tuttavia la domanda resta sempre la stessa: qualcuno la produrrebbe, oggi, una pellicola di tal genere nel nostro inconsistente paese?

Daniele De Angelis

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