Bisogna imparare ad ascoltare(si)
«Ognuno di noi dovrebbe mettere una nota giusta in un’armonia»
Il passato fa sempre capolino, ancor più quando qualcosa è rimasto in sospeso e ci si sente vicini al cosiddetto giro di boa. È questo il caso di Orlando (un Rocco Papaleo in perfetta forma) in Scordato, diretto dallo stesso artista lucano. Di mestiere fa l’accordatore di pianoforti, possiede un orecchio e una sensibilità verso gli strumenti, di cui riesce a cogliere la minima vibrazione stonata; eppure non si accorge (o non li accetta per cui non li coglie) dei dolori che lo affliggono alla schiena. Capita che il giorno del proprio compleanno, in particolare i sessanta (cifra tonda, vissuta da molti per effettuare un bilancio), a tormentarlo non siano solo i dolori alla schiena, ma il suo ‘compagno di vita’ (se stesso da giovane, acuto più di quanto non lo sia all’età in cui si dovrebbe avere maggiore esperienza, interpretato da Simone Corbusiero). Spesso i dolori (che siano articolari o manifestazioni dermatologiche) sono segno di un malessere interiore. In questo caso una chiusura e, infatti, il nostro protagonista non sembra pronto a relazionarmi con chi lo circonda. Lo squarcio arriva da Olga Santopadre (incarnata in modo molto naturale e credibile da Giorgia), un’affascinante fisioterapista, che gli diagnostica una contrattura ‘emotiva’ e gli chiede di portarle una sua foto da giovane, così che lei possa aiutarlo a risolvere i suoi problemi. L’insolita richiesta spingerà Orlando a mettersi in viaggio… a questo punto noi ci stoppiamo, come potete immaginare nulla è casuale, dall’evocativo nome di Orlando all’idea del viaggio, che ci porta a un percorso di formazione in cui passato e presente devono dialogare per avere una prospettiva futura.
Alla XIV edizione del Bif&st – Bari International Film & Tv festival, dove il lungometraggio ha avuto la sua anteprima e l’impatto coi primi spettatori, è stato accolto molto calorosamente (i biglietti erano esauriti ancor prima che la manifestazione cominciasse) e questo ce lo spieghiamo col grande affetto che il pubblico nutre verso Rocco Papaleo, un artista che sa e vuole mettersi in gioco, in Scordato più di altre volte. «Questo è il mio film più autobiografico, anche se è quello che contiene meno elementi autobiografici diretti rispetto agli altri che ho realizzato», ha rivelato il regista di Basilicata coast to coast, aggiungendo: «Abbiamo scritto la sceneggiatura con Valter (Lupo, nda) durante il lockdown, che, come quasi tutti, ho attraversato praticando una spontanea o indotta analisi della vita vissuta fino ad allora, in un mondo che cambiando mi ha cambiato, almeno in parte.
Con i miei abbondanti sessant’anni, con la consapevolezza che non tutto sia andato liscio, che qualcosa sia andato perduto, ho immaginato la storia di un uomo che non è accordato con il contesto, così come mi sentivo io nel momento della scrittura. E se in soccorso del protagonista arriva il suo Io giovane a metterlo in discussione, spero che questo film possa soccorrere me, e chiunque lo vedrà, che possa aiutare a rileggersi con tenerezza e comprensione, e soprattutto a recuperare una parte del sentimento giovanile e poetico che è andato smarrito in molti di noi».
Questa è la forza del Papaleo regista, sceneggiatore e attore: l’abilità nel trovare il giusto equilibrio tra leggerezza (compresa quell’autoironia che aiuta a non prendersi troppo sul serio) e profondità, tracciando un filo rosso con noi fatto di empatia perché sarebbe impossibile non riconoscersi in qualche paura, tra cui quella di lasciarsi andare.
Nel cast, definito dall’ideatore la forza del progetto, troviamo Angela Curri, Anna Ferraioli Ravel, Giuseppe Ragone, Antonio Petrocelli, Manola Rotunno, Eugenia Tamburri, Marco Trotta.
«Definirei Scordato un film molto semplice che trova la sua forza nella vena poetica, nei dialoghi, nella originalità a volte stravagante dei personaggi e non conta su grandi effetti, per questo lo considero un film ‘analogico’». Al cinema dal 13 aprile e vi avvisiamo, non andate via al ‘the end’, merita questa chicca che suggella l’incontro: «Nei titoli di coda c’è poi una canzone scritta da me e da Giorgia e questo evento lo metterei nella sfera dell’apoteosi: lei si occupa della parte cantata e io eseguo una specie di rap poetico, recitando una poesia tra una strofa e l’altra».
Maria Lucia Tangorra