Una fiaba dal cuore del mondo slavo
Non per “moda”, poiché fortunatamente qui non si tratta di Eurovision, ma per via di un apprezzamento sincero: il nostro invito a non perdere l’occasione di vedere sul grande schermo il film degli ucraini Oleksandra Ruban e Oleg Malamuzh (con quest’ultimo impostosi già nel panorama dell’animazione internazionale grazie a The Stolen Princess, datato 2017) è dovuto proprio, molto semplicemente, alla profondità del racconto e alla qualità di quelle scene animate, nelle quali i virtuosismi registici, un citazionismo non fine a se stesso ed echi di fascinose tradizioni slave convivono in armonia.
Mavka e la foresta incantata, che uscirà nelle sale italiane il 20 aprile, si ispira al poema classico La canzone della foresta (1912) della nota poetessa ucraina Lesya Ukrainka e racconta la storia di Mavka, una bellissima ninfa dei boschi che dovrà venire a capo di un dilemma non da poco: pur essendosi invaghita di un umano dall’animo gentile, Lucas, si troverà infatti nella difficile condizione di difendere il suo mondo da altri esseri umani alquanto avidi e ostili, specie dopo essere stata scelta da forze ancora più antiche quale nuova custode della foresta incantata. Restare fedele ai propri sentimenti e ripristinare al contempo l’armonia tra le magiche creature della sua terra e il vicino villaggio degli uomini è quindi la sfida con cui confrontarsi.
Inutile negarlo. L’impronta data al conflitto tra i magici equilibri della natura e la cupidigia altamente distruttiva dell’uomo è molto vicina alla poetica di un autore del calibro di Miyazaki. Così come la strenua difesa da parte dei fatati e portentosi “nativi” di un luogo più divino, per loro, di qualunque altro al mondo, può ricordare, persino a livello iconografico, la rappresentazione di un analogo spazio sacro nel primo Avatar. Eppure, al netto dei quasi inevitabili elementi “derivativi”, due aspetti colpiscono in positivo lo spettatore. Da un lato i riferimenti precisi e carichi di affetto a una determinata Tradizione, quella inerente alla cultura slava e più in particolare a quella ucraina: sono le case del villaggio, certi canti, gli stessi abiti tradizionali e molto altro ancora a parlarci di tale realtà e dei retaggi popolari che vi si collegano.
D’altro canto la stessa trasposizione della poetica “miyazakiana” non confluisce fortunatamente in un prodotto grossolano, piatto. Al contrario, già dallo stilizzato ed elegante prologo, realizzato con tecniche più vicine a quelle dell’animazione classica, si avverte una certa cura a livello stilistico. Ma è proprio il sapiente uso della computer grafica a far spiccare il volo a un’animazione che, soprattutto per la trasognata ricchezza cromatica dei fondali, suscita incanto e meraviglia a ogni inquadratura.
Solo una piccola “avvertenza per l’uso”: un film come Mavka e la foresta incantata lo si viva pure come fiabesca difesa della Natura e al contempo monito nei confronti di chi, per avidità, vorrebbe corromperla e portavi il caos. Insomma, un elegiaco “Guerra e Pace” tra boschi fatati. Diffidare invece delle letture, semplicistiche e tendenziose, nonché destinate a moltiplicarsi pateticamente con l’uscita italiana del lungometraggio, di chi vorrà vedervi ad ogni costo una parafrasi del tragico conflitto scoppiato recentemente tra Russia e Ucraina. La propaganda, per favore, lasciamola pure all’informazione malata che ci circonda, vieppiù giusto che il cinema abbia ben altro respiro.
Stefano Coccia