È possibile giudicare?
Sul finire degli anni Settanta l’Italia e con essa l’Europa intera furono invase. L’invasore era subdolo, cattivo e non faceva prigionieri, aveva però un bel nome musicale: eroina. Fu un’invasione veloce e letale, con migliaia di persone colpite. Lo Stato era inbelle e forse nemmeno troppo interessato, lasciando così le famiglie dei drogati in un vero e proprio inferno. Proprio in quegli anni sulle colline di Coriano di Rimini nasce e si sviluppa una comunità, San Patrignano, il suo fondatore, Vincenzo Muccioli, ha l’obiettivo di salvare i ragazzi dall’eroina. Figura controversa ancora oggi Muccioli e la comunità da lui fondata sono al centro di questo bella mini serie documentaria Netflix dall’eloquente titolo SanPa: luci e tenebre di San Patrignano, sviluppata da Gianluca Neri e diretto da Cosima Spender.
Nessuna voce narrante, è tutto affidato alle testimonianze ed ai video di repertorio. L’intento degli autori sembra quello di mantenersi equanimi, evitando di prendere posizione.
Il documentario si configura come un flusso di coscienza collettivo, il quale arriva a dare corpo ad un polittico di voci, volti, corpi, parole, che ti risucchia, ti inchioda e ti costringe a prendere posizione. Definire un centro della serie è difficile, abbiamo già detto che si tratta di un polittico; alla fine il centro diventa l’argomento, tra quelli trattati, più interessante per sé.
Sul versante tecnico, la cosa che colpisce di più, forse, è la grande abbondanza di materiale RAI. Il che fa sorgere una domanda tutt’altro che oziosa: perché non lo ha prodotto la RAI un documentario simile? Appare innegabile che una serie come questa, con i temi che affronta e gli interrogativi che pone sia classificabile come servizio pubblico. Si tratta di un argomento sfaccettato, grosso, che affronta temi sociali importanti: l’ondata di eroina e droghe pesanti, le prime comunità di recupero e poi, troneggiante, la controversa e sfuggente figura di Muccioli. La storia di San Patrignano è fin dagli albori una storia con tante luci e tante ombre. Chiariamo, la comunità di Muccioli contribuì a salvare migliaia di persone dalla tossicodipendenza, epperò non con metodi convenzionali, si usava infatti la coercizione.
“La punizione ci può stare in una comunità, il problema è di misura, di come”, così chiosa il giudice Vincenzo Narducci, il magistrato riminese che istruì entrambi i processi a Muccioli. Processi causati dai metodi praticati a San Patrignano. E si ritorna al nostro titolo: è possibile giudicare? Lo stesso Andreucci riconosce che, quando incontrò la prima volta Muccioli, si trovò davanti una persona in buona fede, eppure qualcosa andò storto, ci furono morti violente a San Patrignano, causate da una degenerazione dei metodi e dell’ambiente. E quindi? E quindi forse la verità sta nel mezzo, come ricorda Fabio Cantelli, che a lungo fece parte della comunità: “Vincenzo era una persona straordinaria, ma era anche un megalomane”, una figura con tante luci e tante tenebre impossibili da districare le une dalle altre.
Luca Bovio