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Monarch

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VOTO: 8

With great power comes great responsibility

Il “lato oscuro” dell’animo umano non smette mai di sorprenderci e di esercitare una sinistra fascinazione: quanti serial killer hanno infatti popolato, fino ad oggi, il grande e il piccolo schermo! Sì, ci stiamo domandando quanti… e diremmo subito tanti. Ma è proprio con i “quanti” (perdonateci questo infantile gioco di parole: non abbiamo resistito alla tentazione) ovvero con la fisica quantistica che ha a che fare il labirintico plot di Monarch. Approfondendo il background dei personaggi principali – e qui ad indurci in tentazione sono state invece, banalmente, le note di regia – si apprende infatti quanto segue: negli anni Settanta tale Eizan Sato, pioniere della meccanica quantistica, ha aderito al misterioso Progetto Monarch, guidato da un mistico, enigmatico Professore. Da questa oscura iniziativa nascono due uomini, Alex e Bruno, dotati di abilità sovrumane e destinati ad un confronto inarrestabile. Alex assume l’identità dell’Ignoto, seminando terrore, mentre Bruno, con abilità apprese da Eizan, cerca di fermarlo.

Questa è solo una prima vagonata di informazioni relative alla trama, su diversi altri personaggi saremmo già portati a rivelare qualcosa, se non addirittura parecchio, ma da tutto ciò si può intanto dedurre come Monarch abbia sia le carte in regola per diventare una serie di culto, sia un’impronta narrativa tale da distinguere cotanto prodotto da quelli solitamente realizzati in Italia. Diciamolo pure: per fortuna! Fatto sta che di Monarch abbiamo visionato finora soltanto il pilot, proiettato sabato 16 dicembre all’Anica, assieme a un backstage non meno curato e accattivante.
Però, sebbene l’ambizioso progetto sia ancora agli albori, sapere che l’autore Stefano Scaramuzzino e il suo agguerritissimo staff aspirino a realizzare una prima stagione di 8 puntate, dalla durata “smart” di 40-50 minuti e con un arco narrativo spalmabile poi su 3 stagioni, ci rincuora non poco. La stessa sensazione, volendo, offertaci di recente dal cortometraggio Magenta di Gabriele Tacchi, ipotetico ponte verso una serie parimenti orientata verso il fantastico e verso ardite contaminazioni estetiche e narrative.

Da dove deriva quindi il nostro entusiasmo, equamente ripartito tra Monarch e il summenzionato Magenta? Innanzitutto dalla constatazione che, ai margini di una serialità che in Italia appare sempre più annacquata, sciapa, stancamente nazionalpopolare e intrisa di luoghi comuni, nuove energie attendono soltanto di essere liberate. “Spintonando” magari da un underground molto più fertile, a livello di idee. Nel caso di Stefano Scaramuzzino ne abbiamo seguito con estrema curiosità la parabola sin da certe sue apparizioni a teatro, sempre testi molto originali come Due non è pari (2018) o Se lo dice lei… Tutto a posto! (2019), passando poi attraverso la sua partecipazione attoriale a corti di genere come Evelyn di Claudio Muzio Compagnoni. Con Monarch questa sua predilezione per le ibridazioni di generi diversi e per un universo dark, non privo di sottili ironie, pare essere giunta a maturazione.
Sin dalla prima, impressionante sequenza fantastica del pilot, durante la quale un misterioso uomo mascherato dotato di poteri ESP altamente distruttivi (e affini in buona sostanza a quelli mostrati in Scanners, uno dei tanti capolavori di David Cronenberg), si palesa all’improvviso presso una comunità di barboni facendone strage, l’intenzione di mescolare thriller, horror e sci-fi appare supportata da un controllo della messa in scena, che per incisività e qualità non sarebbe da dare così per scontato nemmeno in un lungometraggio mainstream. “Demarvellizzare” il cinema contemporaneo è del resto l’intento dichiarato scherzosamente (ma non troppo) dall’autore in conferenza stampa. Vi concorre senz’altro il dosaggio così calibrato degli elementi soprannaturali e degli stessi effetti speciali, calati “in medias res” senza turbare l’armonia dell’inquadratura ma arricchendola, sia attraverso minimali ritocchi digitali che, soprattutto, affidando la componente action all’esperienza e alla competenza del Maestro Ottaviano dell’Acqua.

La resa così efficace di questi primi confronti tra i personaggi si deve anche, comunque, a un mood ben definito, di forte impatto. Ne è parte essenziale la fotografia del talentuoso, eccentrico Francesco Ciccone, una fotografia particolarmente satura, i cui contrasti rifulgono soprattutto nelle enigmatiche scene notturne e negli interni. L’andamento incalzante del primo episodio si giova di questo come pure delle musiche avvolgenti, ipnotiche di Michele Mele. Senza dimenticare naturalmente gli interpreti: oltre allo stesso Stefano Scaramuzzino ecco suo fratello Claudio, l’antagonista Massimiliano Buzzanca, e poi Giulia Morgani, Andrea De Rosa, Giulia Bornacin, Laura Monaco e Vincenzo della Corte. Tutti attori con esperienze importanti alle spalle, a teatro o altrove, cui si aggiungeranno con ogni probabilità altri volti interessanti, qualora questa emozionante avventura vada incontro a breve agli sviluppi che senz’altro le auguriamo.

Stefano Coccia

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