Vedi Napoli e poi… vieni
In (Re)Visioni Clandestine #33 avevamo disseppellito dal dimenticatoio l’hard Umido (rimesso poi in commercio nella seconda metà degli anni Novanta come Porcherie sulla spiaggia), rilevando come nel 1989, in piena Golden Age, il porno italiano fosse ancora rozzo nella messa in scena e con trame idiote costruite solo per inanellare più scene zozze possibili. In quel medesimo anno, però, giunse sugli schermi a luci rosse e per il mercato video una pellicola che cercava di smarcarsi da quella stagnazione, per “nobilitare” il genere pornografico, inserendo le scene hard in una storia compatta e funzionale, e una con una messa in scena più accurata. Inside Napoli (1989) di Mario Salieri fu una scommessa vinta, una “rivelazione” ben accolta dalla critica del settore e un grosso successo spalmato in quattro capitoli. È pur vero che (ri)guardandolo adesso quest’operazione sembra ridicola, comparando le ambizioni autoriali del regista e la resa finale del prodotto – benché alcune situazioni siano dignitose –, ma ciò non toglie che Inside Napoli ha messo in luce Salieri, giustamente è considerato uno dei registi fondamentali del porno nostrano ed europeo, e l’idea di serializzazione di una storia hard, che si protrae per più capitoli.
Mario Salieri, pseudonimo di Mario Altieri, nasce a Napoli nel 1957, e muove i primi passi nel mondo dell’hard alla fine degli anni Settanta, attraverso il mercato clandestino di film pornografici: compra all’estero e rivende in Italia. Nella prima metà degli anni Ottanta diviene produttore, realizzando film amatoriali girati ad Amsterdam per poi sdoganarli in Italia. Il vero percorso professionale comincia però nel 1984, quando fonda la casa di produzione 999 Black & Blue Productions, per girare hard più ambiziosi. Al di là degli intenti lodevoli, queste prime operazioni autoriali non si discostano dalla rozzezza delle altre pellicole del periodo. Ma quello che lo contraddistingue sin dall’inizio è ambientare prevalentemente le vicende a Napoli, cogliendo il folklore della propria città partenopea, e Napoli sex (1986) e Capri vacation (1986) sin dal titolo testimoniano questa sua predilezione. Dopo molti altri hard, che lentamente denotano una sua “maturazione” artistica e piccole avvisaglie di quello che farà in seguito (contaminazione con argomenti attuali e tessiture di vicende che si spalmano su più capitoli), è proprio con Inside Napoli che concreta per la prima volta quella sua idea di cinema porno rispettabile. Come recita il titolo, utilizzando l’inglese tanto per l’esportazione quanto per il suono accattivante, la trama è ambientata dentro Napoli, con i suoi bei paesaggi marittimi e la sua criminalità. Al di là delle scene porno, non dissimili da tanti altri hard, Salieri vi mescola altri generi, come il Gangster Movie, la sceneggiata napoletana e le scenette comiche memori dell’avanspettacolo. Anche se questo miscuglio è ridicolo, soprattutto per la bassa qualità della recitazione degli attori e per i penosi dialoghi, è innegabile lo sforzo dell’autore di creare qualcosa di diverso, di dare ai voyeur tanto il sesso duro e sudato quanto un momento comico oppure una scenetta d’azione. Inside Napoli, il cui plot è incentrato sulla camorra e sui loschi affari, recupera i Camorra’s Movies realizzati a livello regionale sul finire degli anni Settanta, ma in un certo qual modo sembra anche una versione bislacca e zozza della serie Gomorra, soprattutto se si pensa alla sequenza ambientata nella mega villa del giovane boss Gaetano a’Bestia (sequenza presente però in Inside Napoli II). L’altro genere recuperato è quello della sceneggiata, in particolare quelle interpretate da Mario Merola, in cui c’era la mescolanza tra Gangster Movie e comica – vedere (Re)Visioni Clandestine #31 –. In questo caso Salieri inserisce nel plot due poliziotti tonti: il Commissario Tano (Max Bellocchio, poi anch’esso regista porno) e l’appuntato Esposito (Franco Alessi). Queste due figure comiche fungono da ponte tra la storia gangster e le scene porno, e prevalentemente basano la loro comicità sugli usuali frizzi e lazzi d’avanspettacolo. Per inciso, nessuno dei due ha mai scene pornografiche, benché il Commissario Tano per due volte irrompa nella scena in cui i pornoattori stanno copulando. Per quanto questo recupero della sceneggiata sia amorevole, è comunque la parte più goffa, proprio per la pochezza delle scene comiche, come attesta il finale del primo capitolo, in cui Tano ed Esposito stanno facendo rapporto al Procuratore (interpretato da Salieri) e cercano di ricreare una scenetta comica simile a quelle di Totò e Peppino.
Restando nell’ambito porno, invece, la pellicola ha nelle sue fila alcune delle stelle hard del momento. C’è Moana Pozzi, la bella amante di Gaetano a’ bestia, che, tra l’altro, fa sesso – poco convinta – con un vecchio laido. Compare Joy Karin’s che si prodiga in un’auto-masturbazione con il pomello del cambio di una Mercedes (e anche qui c’è un vecchio laido che prima la osserva allupato, e poi ha la fortuna di accoppiarsi con lei). Compare una giovane e sconosciuta Jessica Rizzo, qui sotto lo pseudonimo di Sonia Attanasio e con parrucca bionda, che si offre a una scena di pissing outdoor. La stellina Eva Orlowsky – vista in Umido – che si prodiga in una classica scena hard con un pornoattore aitante. Il mitico Roberto Malone (alias Roberto Pipino), che con capelli lunghi e barba incolta (in Inside Napoli III sarà tirato a lucido) ha una caliente scena in una cella assieme ad altri detenuti che si spartiscono una pulzella inviata in regalo dal boss come favore per uccidere un traditore. Questa rapida carrellata sulle performance che il film offre, in fondo, mostra come l’offerta d’impudicizie non sia dissimile da tanti altri prodotti dello stesso genere. Benché Salieri si sforzi di far amalgamare bene questi momenti hard con le scene normali, il salto si sente, perché alcune pratiche hard sono innestate per accontentare i gusti di un determinato pubblico. Ad esempio la scena del pissing è inutile all’economia del racconto, o come accadrà in Inside Napoli II e Inside Napoli III, che per accontentare i voyeur libidinosi di scene lesbiche, c’è una torrida copula tra due donne. L’eccitazione di questo déjà vu scopareccio non risiede principalmente nelle scene in sé, ma nell’aver inserito tali momenti in un contesto nuovo e accattivante.
Roberto Baldassarre