Diffidare degli sconosciuti
Il regista filippino Lawrence Fajardo è noto per essersi rapportato nel corso della sua carriera a ogni qualsivoglia genere cinematografico, dimostrandosi sempre all’altezza della situazione e caratterizzando ogni sua opera con un’algida eleganza e una cura delle immagini che saltano immediatamente all’occhio. Stesso discorso vale per Reroute, il suo ultimo lungometraggio, realizzato nel 2022 e presentato in anteprima italiana in concorso al Far East Film Festival 2022.
Reroute, dunque, è un appassionante thriller che gioca sapientemente con alcune costanti della filmografia e della letteratura mondiali riuscendo, al contempo a dar vita a qualcosa di originale e con una ben marcata personalità. La storia prende il via in un modo piuttosto classico: Dan e Trina sono una giovane coppia “litigarella” e innamorata che viaggia a bordo di un’auto lungo una strada di campagna al fine di raggiungere alcuni amici, per prima passare a trovare il padre di lui. Improvvisamente lungo la strada sono costretti a una deviazione a causa di alcuni lavori in corso e, dopo aver imboccato una strada isolata, la loro macchina si guasta. A venire in loro aiuto sarà un misterioso cacciatore che trasporta sulle spalle una carcassa di animale e che li ospiterà a casa sua (dove vive con la giovane compagna, probabilmente ancora più inquietante di lui), in attesa che un meccanico arrivi per riparare la loro auto. Le cose, come ben possiamo immaginare, prenderanno, però, una piega inaspettata.
Lawrence Fajardo si rifà a uno scenario che già più volte abbiamo visto, riuscendo a mischiare sapientemente tensione ed erotismo, senza avere paura di calcare eccessivamente la mano. Un elegante bianco e nero contribuisce a rendere il tutto ancora più ricercato e, allo stesso modo, la macchina da presa valorizza i corpi umani – tutti troppo perfetti per sembrare reali – concentrandosi – spesso in modo ridondante – sui loro momenti di intimità.
Le cose cambiano, tuttavia, nel momento in cui i due protagonisti finiscono in casa del loro soccorritore. Un passato doloroso sta per venire a galla, l’impossibilità di redenzione – a scapito delle numerose immaginette religiose presenti in casa – sembra solo suggerire una spietata vendetta e antiche colpe verranno espiate nel più cruento dei modi. Ma a questo punto, siamo soltanto a metà del film e la situazione prenderà un’ulteriore piega inaspettata.
In Reroute non c’è mai tempo per riprendere fiato (o per tirare un sospiro di sollievo). Gli eventi si susseguono uno dopo l’altro, ma, al contempo, si prendono i loro tempi per far crescere nello spettatore un disturbante senso di inquietudine. Reroute è senz’altro ben scritto nella sua complessa semplicità e si distingue per una regia estremamente ricercata e accattivante, anche se a tratti un tantino autocompiaciuta. Lawrence Fajardo ci ha regalato indubbiamente un buon prodotto di intrattenimento, per quasi due ore di tensione sul filo del rasoio.
Marina Pavido