Cercasi marito last minute
Solo un decennio fa film come In Between di Maysaloun Hamoud, Much Loved di Nabil Ayouch, La bella e le bestie di Khaled Walid, Sofia di Meryem Benm’Barek o Cosa dirà la gente di Iram Haq, avrebbero avuto molte più difficoltà di quelle che hanno dovuto affrontare per venire al mondo e circolare più o meno liberamente a certe latitudini. Pellicole come queste, che trattano con coraggio e di petto tematiche come la condizione femminile nel mondo, le violenze di genere, le umiliazioni, le discriminazioni, l’impossibilità di un’emancipazione, i barbari retaggi di privazione e pensiero legati a tradizioni arcaiche, la mancanza di diritti, non hanno giocoforza avuto un’esistenza facile perché si sono fatte carico di un peso specifico non indifferente da portare sulle spalle. Motivo per cui vanno riconosciute, prima ancora delle qualità artistiche espresse da ciascuna di esse, la temerarietà degli autori e l’importanza dei contenuti. Gli stessi valori che ci sentiamo di attribuire pure a Open Door di Florenc Papas, vincitore del Premio Cineuropa e di quello del pubblico alla 21esima edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce.
L’opera prima di Papas affronta anch’essa tematiche universali, scomode e ancora fortemente attuali, che si sviluppano e ruotano intorno alle difficoltà delle donne nel vivere in una Società dominata dagli uomini, patriarcale e piena zeppa di contraddizioni, che in questo caso è quella albanese. Ed è lì che il regista ambienta la storia di Rudina, una donna sposata che parte per un lungo viaggio insieme alla sorella incinta Elma per andare a trovare il padre, uomo severo e tradizionalista, nel loro paesino natale. Mentre l’auto di Rudina si fa strada attraverso le montagne, Elma progetta di ingaggiare un vecchio compagno di classe per interpretare suo marito. Urge, dunque, un candidato marito last minute e un futuro padre del nascituro per evitare lo scandalo e l’ira del genitore, in una terra che non è disposta a scendere a patti quando si trova a fare i conti con certe situazioni. Una corsa contro il tempo, quella di Elma che ricorda l’odissea notturna della protagonista di Sofia.
Il road movie su piccola scala, classico nel suo svilupparsi da punto A a punto B, diventa di fatto il viatico narrativo e drammaturgico per cucire i fili di un racconto essenziale nelle dinamiche, ma colmo e ricco nelle intenzioni e nell’impianto dialogico. I continui scambi più o meno accesi tra le due protagoniste dentro e fuori dall’abitacolo dell’automobile sono la colonna audiovisiva che accompagna un plot che vuole dire la sua sulla condizione delle donne che soffrono profonde disuguaglianze e sull’importanza di abolire un’assurda forma mentis nelle zone rurali. Open Door lo fa con estrema lucidità, ma anche con il cuore gettato oltre l’ostacolo, quello messo da chi è stato impegnato sia dietro che davanti la macchina da presa (le intense Luli Bitri e Jonida Vokshi).
Francesco Del Grosso