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La bella e le bestie

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VOTO: 8

Surreale realismo

Soltanto pochi anni fa, precisamente nel 2015, veniva presentato – alla 72° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, sezione Giornate degli Autori – l’ottimo Appena apro gli occhi – Canto per la Libertà, per la regia della tunisina Leyla Bouzid. La storia messa in scena era quella di un’adolescente con il sogno di diventare cantante, la quale, proprio per le condizioni in cui sono costrette a vivere le donne in Tunisia, aveva dovuto affrontare non pochi ostacoli. La pellicola ha riscosso talmente tanti consensi da parte sia di pubblico che di critica, da sollevare non poca curiosità nei confronti del cinema tunisino stesso, di cui, purtroppo, ci sono arrivati solo pochi lungometraggi, seppur tutti degni di nota. Eppure, fortunatamente, di quando in quando, di piccole perle provenienti dalla suddetta nazione se ne trovano eccome. Un altro interessante prodotto, ad esempio, è stato presentato al Festival di Cannes 2017 – sezione Un Certain Regard. Stiamo parlando dell’ottimo La bella e le bestie, diretto dalla giovane regista Kaouther Ben Hania.
La storia qui messa in scena prende spunto da fatti realmente accaduti. La giovane Mariam è una studentessa universitaria fuori sede e, insieme ad alcuni colleghi, ha organizzato una grande festa in un locale. Allontanatasi con un ragazzo, però, la giovane viene violentata da un gruppo di poliziotti. Da quel momento, avrà inizio una lunga trafila per riuscire a fare una denuncia e farsi credere dalle autorità stesse.
Lungometraggio sentito e realistico, La bella e le bestie è particolarmente interessante anche per la realizzazione e la messa in scena in sé. Al fine di rendere il tutto il più vicino possibile al vero e al punto di vista della protagonista, la regista ha optato per nove piani sequenza, con stacchi di montaggio previsti solo nel momento in cui si verifica un cambio di location. Grazie all’aiuto di una steadycam, infatti, la macchina da presa non smette mai di seguire la giovane Mariam (interpretata da una straordinaria Mariam Al Ferjani), ora con intensi primi piani, ora mostrandoci il suo stesso punto di vista e ciò che la circonda nelle immediate vicinanze. Il risultato finale è un prodotto claustrofobico e spiazzante (con addirittura echi polanskiani), in cui la disperazione e lo sgomento della protagonista sono palpabili in ogni minuto, facendo sì che, durante la visione, lo spettatore stesso viva in prima persona le emozioni provate da Mariam, sentendosi prigioniero di una realtà che, pur essendo estremamente realistica, proprio per le situazioni paradossali che si vengono a creare, sembra tanto ricordare lungometraggi come L’udienza di Marco Ferreri (1972) o addirittura Una pura formalità di Giuseppe Tornatore (1994).
Se pensiamo, dunque, alla celebre affermazione di Ernst Lubitsch, secondo cui “Vi sono mille modi per puntare una macchina da presa, ma in realtà ve n’è uno solo”, non possiamo non constatare che, in questo caso, Kaouther Ben Hania ha scelto il modo più adatto per raccontare una vicenda del genere, ricordando, a sua volta, una delle più interessanti sorprese della 68° Berlinale, ossia Utoya 22. Juli di Erik Poppe, in cui, mediante un lungo piano sequenza, veniva messo in scena il sanguinoso attentato avvenuto nel 2011 sull’isola di Utoya, in Norvegia.
Uscito in Italia più di un anno dopo la sua presentazione a Cannes, La bella e le bestie rappresenta, dunque, una vera e propria chicca all’interno del non sempre convincente palinsesto estivo. Una perla della cinematografia contemporanea da non lasciarsi assolutamente sfuggire.

Marina Pavido

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