Il western è vivo e lotta assieme a noi
La passione per il western di Emiliano Ferrera ci è nota sin dal 2020, quando il suo Oro & Piombo partecipò alla prima edizione di Indiecinema Film Festival. E già lì ci eravamo un po’ commossi. Ora l’indomito cineasta è tornato alla carica con Oltre il confine, film che nel dicembre 2024 ha ottenuto anche una MENZIONE DI MERITO al Festival Internazionale del Cinema di Salerno. Il piccolo “miracolo”, quindi, non soltanto si è ripetuto, ma ha conosciuto un evidente arricchimento attraverso quest’operazione cinematografica senz’altro ardita che recupera l’artigianale e amorevole cura della messa in scena già apprezzata nel “prototipo”, affinando però ulteriormente una costruzione narrativa che nella fattispecie osa addirittura la struttura a episodi.
Nel primo, intitolato “Black Town”, l’interessantissima ambientazione risale alle fine della guerra di secessione americana, allorché si immagina che nel 1865 reparti di sbandati ancora fedeli – nonostante la resa firmata dal Generale Lee – alla Confederazione tengano in ostaggio, con le loro scorribande, intere cittadine del west. Sarà l’intrepida azione di un assai scaltro e abile soldato dell’Unione, incaricato di agire in incognito per liberare la nipote di un Generale, a spezzare la catena di violenze e di sopraffazioni in uno di questi villaggi precipitati nel caos.
Il secondo episodio, per l’appunto “Oltre il confine”, si colloca invece nel Wyoming più o meno alla fine di questa epopea, ovvero nel 1890. Qui forse più classici i temi, che vedono una banda di spietati fuorilegge progettare una rapina, portarla a termine in modo cruento e divenire poi il bersaglio dell’implacabile caccia all’uomo condotta da un anziano, ma ancora temibile sceriffo. Segmenti narrativi d’impronta maggiormente canonica, dicevamo, ma in cui a prevalere sono uno spirito decadente, crepuscolare, autentico, assieme ad alcuni spunti più “modernisti” che però dialogano bene con la cornice tradizionale, a partire dall’introduzione di un personaggio femminile forte, di carattere, deciso pertanto a conquistarsi il proprio spazio vitale in un ambiente (circostanza, questa, ribadita sin dal primo episodio) fino ad allora governato da uomini.
Questa odissea, anzi, queste due piccole odissee che odorano di polvere al vento e vedono ai blocchi di partenza uomini (e donne) della frontiera, cavalli, muli, canyon, baracche perse in lande deserte, pistole, fucili e cappi cui appendere il bandito di turno, non avrebbero visto neanche la luce senza che col tempo si creasse una piccola “factory” di professionisti e amanti del cinema, la cui passione per tale genere potesse portarli fin qui. Ad animare il lungometraggio, che ha trovato in Green Film una distribuzione determinata a piazzarlo su Prime Video, Chili, Tubi, Rakuten e altre piattaforme, troviamo infatti nomi cari al regista come la protagonista Yassmin Pucci, Giorgio Filonzi, Giulia Morgani, Giovanni Bufalini e quello Stefano Jacurti, attore e cineasta, che è stato in un certo senso il precursore dell’estemporanea “rinascita” dello spaghetti western, col suo innevato Inferno bianco datato 2007.
Ecco, al di là di qualche amena ingenuità sul piano narrativo o recitativo che può sempre fare capolino, in tali lavori, va da sé che specie se visti in progressione Inferno bianco, Oro & Piombo e Oltre il confine rappresentino una sfida tanto sfacciata quanto corredata di validi risultati alle strettoie dell’attuale sistema produttivo italiano, che si sostiene (a stento) su autorialità smunte o su commedie sempre più scialbe, ripetitive, ma che pare essersi dimenticato di quanto la gloriosa industria cinematografica del passato attingesse a generi come il compianto “peplum”, l’horror, il giallo, il “musicarello” e, per l’appunto, il più nobile di tutti, cioè il western.
Venendo quindi alla buona riuscita di Oltre il confine, la già menzionata commistione di elementi antichi e di concessioni a una sensibilità più moderna ne sono comunque un indizio, poi può scattare qualche considerazione di carattere più personale. Su noialtri, per esempio, le suggestioni maggiori le ha esercitate proprio il primo episodio, “Black Town”, che l’autore ci dice ispirato anche e ballate popolari e racconti di Ambrose Bierce; gradimento dovuto un po’ alla presenza tra Nordisti e – soprattutto – Sudisti di quei personaggi “brutti, sporchi e cattivi”, dei quali si sentiva un pochino la mancanza; e un po’ all’incedere “leoniano” della narrazione, che ha nel protagonista Joe ovvero lo stesso Emiliano Ferrera un possibile alter ego dei crepuscolari eroi incarnati all’epoca da Clint Eastwood, che, senza voler fare ulteriori raffronti, tiene bene il passo.
Stefano Coccia