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Animali notturni

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VOTO: 7.5

Tra realtà e finzione

Sette anni dopo il suo esordio registico A Single Man (2009), Tom Ford sceglie nuovamente la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia per presentare Animali notturni (nella versione originale Nocturnal Animals), il suo ultimo film tratto dal romanzo “Tony and Susan” di Austin Wright, edito nel 1993 ma che ha avuto successo solo in questi ultimi anni (successo del quale l’autore, essendo venuto a mancare nel 2003, non ha potuto partecipare).
Rispetto all’impostazione lineare di A Single Man, questa volta Tom Ford deve maneggiare un materiale più complesso e stratificato, avendo a che fare non con una ma con due storie molto diverse tra loro (una a tinte melodrammatiche e un’altra genuinamente thriller) che corrono parallele senza mai veramente incontrarsi, proprio come le due facce dell’America che intendono rappresentare. Prima di tutto veniamo immersi negli ambienti eleganti di una L.A. altolocata, dove Susan Morrow (Amy Adams) dirige una prestigiosa galleria d’arte.  Ma per quanto la sua vita possa apparire perfetta, Susan è annoiata e infelice, sposata con un uomo distante e preso dal suo lavoro (Armie Hammer). Un giorno riceve dal suo ex marito Edward (Jake Gyllenhaal) un romanzo intitolato appunto “Nocturnal Animals”, a lei dedicato. Susan, che non si è ancora perdonata la sofferenza che gli inflisse 19 anni prima, si getta subito nella lettura: la cornice cambia radicalmente e siamo calati nelle radure deserte e assolate del Texas, che Tony (impersonato sempre da Jake Gyllenhaal) sta attraversando durante un viaggio in macchina con la moglie (Isla Fisher), e la figlia adolescente (Ellie Bamber). Durante il percorso s’imbatte in tre delinquenti, che finiranno per rapire la sua famiglia. Tony riesce a raggiungere una stazione di polizia, e il tenente Bobby Andes (Michael Shannon) lo aiuterà a rintracciare le due donne, a costo di valicare il confine che separa giustizia e vendetta e di mettere in atto quanto Tony non si sarebbe mai risolto a realizzare.
A seguito della proiezione stampa di Nocturnal Animals, molti pareri hanno rimproverato al film di essere eccessivamente ambizioso: lo sguardo registico ancora inesperto di Ford non sarebbe stato in grado di abbracciare i due filoni narrativi in modo omogeneo, e come se non bastasse ha pensato di aggiungervene un terzo, che compare nei momenti in cui Susan ripensa alla sua relazione con Edward. Inoltre, per quanto le reazioni della donna alla lettura del romanzo suggeriscano un legame tra questo e la sua storia con l’autore, si faticherebbe ad individuarlo.
Riguardo l’ultimo punto, possiamo innanzi tutto constatare come tanto nella realtà quanto nella finzione la vendetta rivesta un ruolo di primaria importanza: è comprensibile che Edward voglia vendicarsi del dolore inflittogli da Susan, ma essendo, come spesso lei stessa affermava, “un debole”, non riesce a raccogliere le forze, e anche Tony continuerebbe ad annaspare nel suo immobilismo se non intervenisse Bobby. Non è dunque un caso se tra tutte le opere presenti nella sua galleria d’arte Susan si ferma a contemplare una tela con su scritta in bianco e nero (colori fortemente fordiani) la parola “REVENGE”, e chissà che la donna non veda la sua attuale infelicità come il prezzo da pagare per la sofferenza causata.   L’accusa d’incompatibilità che molti hanno rivolto alle due storie è più giustificata, anche se la loro rappresentazione potrebbe avere come scopo principale quello di evidenziare le contraddizioni e le tensioni che abitano il continente americano, impossibili da conciliare. Ben più sorprendente è quello che Tom Ford mette in atto sul piano registico: in più punti passa da un filone narrativo all’altro affiancando due riprese che presentano una qualche analogia (ad esempio un colpo di pistola nel racconto di finzione è seguìto dalla caduta del romanzo nella realtà).
Dotato della stessa eleganza di A Single Man ma spogliato della patina di finzione che lo caratterizzava, Nocturnal Animals gli è indubbiamente superiore, merito di un cast di una certa caratura (Amy Adams su tutti, qui più sfaccettata rispetto al ruolo un po’ monocorde di Arrival), di una regia aggraziata e di un copione brillante che questa volta non risparmia al bel mondo frecciatine argute. Per non essere propriamente del mestiere, Tom Ford ha realizzato un film tutt’altro che privo di interesse.

Ginevra Ghini

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