Vecchi, malinconici investigatori
Facciamo uscire per un attimo il personaggio ideato da Sir Arthur Conan Doyle dalla sua rappresentazione canonica e riportiamolo alla “realtà”: è uno Sherlok Holmes vecchio e stanco il protagonista della pellicola di Bill Condon, ritiratosi in una fattoria sulla costa inglese dove trascorre placidamente i suoi giorni allevando api, vivendo insieme alla sua governante e al giovane figlio della donna, Roger. Il detective più famoso della storia è diventato un uomo solitario e cagionevole, in preda al deterioramento della memoria che cerca di contrastare producendo pappa reale e importando dal Giappone pepe del Sichuan che potrebbe frenare l’incessante perdita dei ricordi. Basato sul romanzo “A Slight Trick of the Mind” di Mitch Cullin, Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto reinventa il personaggio e lo fa rivivere come se fosse una persona “reale”. Il detective ha però un cruccio che lo tormenta e che è anche la causa della fine della sua carriera e del successivi ritiro: un dettaglio relativo al suo ultimo caso, rimasto irrisolto, un nodo che lo attanaglia e sul quale vuol far luce.
Il vecchio Holmes inizia così a scrivere un diario per ripercorrere gli avvenimenti di quegli anni, scontrandosi inevitabilmente con l’annebbiamento senile. L’evenienza, però, è anche un modo per confessarsi con il piccolo Roger, avido di domande e curiosità riguardanti il suo passato, e per istruirlo all’arte dell’apicoltura.
Il mistero di un caso irrisolto quindi, come nel più classico dei racconti di Holmes – ma di classico questo vecchio detective ha ben poco – è la stessa pellicola di Condon, la quale anziché essere imbastita sulla risoluzione del tassello mancante è piuttosto una bella riflessione sull’anzianità, sull’identità e sul peso di ricordi.
Ian McKellen mette in scena superbamente un personaggio decostruito dal suo mito, destreggiandosi con maestria su due piani temporali diversi: il 1947, nel quale è ambientato il film, e venti anni prima, nel periodo dell’ultimo caso irrisolto. La prova dell’attore britannico è semplicemente da applausi: da vero mattatore sciorina tutta la sua maestria caratterizzando alla perfezione gli acciacchi e la senilità dell’investigatore, un anziano consapevole del proprio declino e in lotta con le conseguenze dell’invecchiamento. Uno Sherlok Holmes umano e umanizzato da McKellen, che da solo basterebbe a reggere l’intera pellicola, tanto magnetica è la sua presenza. Ma il film di Condon non si aggrappa solo alla performance del veterano inglese, ma trova nei comprimari della storia delle valide spalle, soprattutto il talentuoso Milo Parker, appena tredicenne ma già promettente. Il rapporto tra vecchio e giovane, infatti, è un aspetto fondamentale della pellicola, un contrasto tra ieri e oggi narrato elegantemente e con tono pacato, senza enfasi e con classe. Prendendosi il giusto tempo, per piccoli passi per non affannarsi: d’altronde anche i vecchi detective hanno i loro acciacchi.
Giacomo Perruzza