Sequestro un uomo
Disponibile su piattaforme come CGtv, Prime Video, Apple Tv, iTunes, Google Play e Chili già dal 19 dicembre 2023 (in anticipo quindi rispetto alla data precedentemente annunciata, il 24 dicembre), Chi ha rapito Jerry Calà? è a nostro avviso uno scherzo molto ben congegnato, da parte del popolarissimo comico. Uno scherzo nei confronti di chi, però? Paradossalmente proprio scettici e detrattori potrebbero sentirsi burlati più di altri da un’operazione del genere, per certi versi così inattesa: difatti chiunque si aspettasse una riedizione delle regie più frivole, effimere, scombinate del Nostro, vedi ad esempio l’improbabile Chicken Park, finirà per restare sorpreso di fronte a una commedia tanto schietta, frizzante, ricca di idee e sostanzialmente ben strutturata.
Quasi un peccato, se vogliamo, che il lungometraggio in questione sia destinato direttamente allo streaming, considerando che per il periodo natalizio non ci sembra di scorgere in sala proposte particolarmente esaltanti, sul fronte della commedia. E questa produzione apparentemente simile a una “boutade” si è rivelata invece (stante la premiere organizzata alla Casa del Cinema di Roma) in tutto e per tutto meritevole di essere vista anche sul grande schermo!
I complimenti vanno in questo caso anche ai produttori, che con un pizzico di sfacciataggine hanno spinto Jerry Calà a impersonare se stesso, in un plot decisamente surreale che tra frizzi e lazzi mette in scena il suo sequestro, prima della classica esibizione in un locale di provincia, da parte di una banda di scalcinati, cialtroneschi, improvvisati rapitori. Il soggetto, ottimamente sviluppato dal comico assieme al co-sceneggiatore Edoardo Bechis (una collaborazione non inedita, la loro, alla luce del precedente Odissea nell’ospizio, ma che qui in particolare ha dato buoni frutti), si rivela strada facendo valido canovaccio per una stralunata, scanzonata sarabanda, che può contare su diversi punti a favore. Da incorniciare innanzitutto l’autoironia dello stesso Jerry Calà. I pepati dialoghi coi sequestratori sono infatti il pretesto per una serie di sketch, quasi tutti riusciti, in cui è anche la carriera televisiva e cinematografica dell’attore a fornire sapidi spunti, che chiamano in causa di volta in volta i trascorsi coi Gatti di Vicolo Miracoli, il “mito” (appiccicato talvolta gratuitamente anche ad altre produzioni) dei “cinepanettoni” o qualche capitolo specifico di una filmografia senz’altro di successo, quale può essere Yuppies 2 (preso a modello anche dai suoi carcerieri per quelle buffe, grottesche maschere di gomma, con cui all’inizio tentano un po’ maldestramente di celare la propria identità).
Parte di questo gioco autoironico ma non autoreferenziale sono pure le divertite apparizioni di personaggi a lui molto legati come Mara Venier, Massimo Boldi o il figlio Johnny Calà, una bella testolina come emerso anche nella successiva conferenza stampa, tutti in grado di conferire alle curiose parentesi meta-cinematografiche un appeal spigliato e farsesco. Tant’è che il momento forse più esilarante dell’intero film, basato anche sul rifiuto di pagare il riscatto da parte di amici e parenti, coincide con quel colorito battibecco tra Jerry Calà e Massimo Boldi, in cui ci si fa beffe persino dell’aura sacrale intorno al Maestro Marco Bellocchio: un paio di battute folgoranti, che volendo ci hanno ricordato l’analogo, liberatorio “ma che siamo in un film di Nanni Moretti?” della parimenti riuscita commedia di Massimiliano Bruno, Nessuno mi può giudicare.
Poi ci sono i sequestratori, naturalmente, capitanati da un altro cavallo di razza come Sergio Assisi: il bravissimo attore, attorniato da altri interpreti di spessore della scena napoletana come Antonio Fiorillo, Barbara Foria, Nando Paone e Maurizio Casagrande (ennesimo cameo strepitoso, il suo), ci fornisce inoltre lo spunto per sottolineare come il “nordico” Jerry Calà si sia calato con naturalezza nella cornice partenopea del racconto, con gli splendidi scorci di Ischia e di una Napoli non così scontata a fare da sfondo, facendone risaltare il calore e i colori senza scadere però nel macchiettistico. Anche questo un merito non trascurabile di quella sceneggiatura così sfrontata, da sfatare a un certo punto persino il luogo comune secondo cui il Molise sarebbe solamente “un’invenzione geografica”. Facezie a parte, alcune gradevoli idee di regia e una comicità più sfaccettata del previsto accompagnano dall’inizio alla fine la visione di un film che punta deciso all’intrattenimento, senza trascurare però gli umori di un paese in cui le sale cinematografiche chiudono e la gente fa fatica a trovare un lavoro, nel Meridione più che altrove. Ci sarebbe poi un’ultimissima chicca da porre in evidenza. Negli ambienti cinefili si sente parlare sempre più spesso con fastidio del massiccio utilizzo dei droni sul set, con il conseguente proliferare di inquadrature dal cielo. In Chi ha rapito Jerry Calà? la risposta buffa e anch’essa centrata degli autori pare essere proprio quella di affidare al drone una posizione autonoma, renderlo fino alla sorpresa finale un personaggio aggiunto del film. Con tanto di salvifici interventi a favore dei protagonisti, il che ci spinge di fatto a considerarlo, per certi aspetti, un inedito “Deus ex machina”. Sempre che non si possa coniare direttamente l’espressione “Drone ex machina”.
Stefano Coccia