Tutto l’orrore del mondo
Obiettivo ambizioso, quello di Rose Glass. Alla sua opera seconda dopo Saint Maude (2019) si propone, con questo Love Lies Bleeding, di realizzare un personalissimo noir capace di rompere gli schemi classici del genere. E così sia.
Abbandonati i tormenti religiosi dell’opera prima – sospesa tra orrorifiche visioni e sottili giochi psicologici – la Glass (classe 1990) molla del tutto i freni inibitori mettendo in primo piano il rapporto sentimentale più folle che esista, almeno in campo cinematografico. Sempre che di follia si possa parlare, in tema di amore assoluto e totalizzante. Allora: Lou e Jacquelin, detta Jackie, si incontrano nella palestra dove Lou lavora come factotum, mentre Jackie è un’aspirante culturista. Colpo di fulmine al primo sguardo. Entrambe hanno un passato a dir poco complesso alle spalle, che si trascina inevitabilmente sul presente, innescando un vortice di violenza.
Il tradizionale resoconto della trama potrebbe anche concludersi qui. Poiché la scintilla in grado di far deflagrare tutto il nero presente nel plot è già scoccata. Ovviamente non basta. Love Lies Bleeding, più o meno l’amore giace sanguinante (titolo assolutamente geniale, perfettamente aderente all’opera) è un film di incastri e dettagli. Di omicidi e visioni folgoranti. Di un pregresso che ti rincorre senza lasciarti alcuna tregua perché fa parte della personalità delle due protagoniste. Love Lies Bleeding diventa dunque, in corso d’opera, un grandioso manifesto sul concetto di dipendenza. Fisicamente parlando Lou appare come una tabagista senza possibilità di redenzione, mentre Jackie dipende dai suoi anabolizzanti per scolpire al meglio il suo corpo. Con qualche effetto collaterale decisamente imprevedibile. Vedere per credere. Ma, puntando al metaforico, è l’amore stesso a divenire la “droga” alla quale è impossibile resistere. Un amore che cambia le protagoniste, le evolve e allo stesso tempo restituisce loro la purezza della gioventù. Le porta a commettere le peggiori nefandezze indicando loro una possibile via di fuga da una realtà che definire squallida parrebbe acuto eufemismo. Affiora così uno dei punti di forza dell’opera di Rose Glass: il ritratto implacabile di un mondo privo di speranza, dove la violenza e la prevaricazione rappresentano un codice comportamentale ormai acquisito e, quel che peggio, codificato. Si lotta per sopravvivere, nel film di Rose Glass. Ma soprattutto si lotta, con rabbia inusitata, allo scopo di avere una piccola possibilità di tornare umani. L’amore, qui, ha molteplici facce. Alcune terribili, altre salvifiche. Amorali nel senso letterale del termine. Di sicuro lontane dalla banalità del cinema mainstream.
Di nuovo sotto l’ala protettiva della A24 (a proposito di cinema fieramente indipendente nella progettualità) Rose Glass potrebbe sembrare un’aspirante David Lynch, sfuggente a qualsivoglia definizione di genere. Strada sbagliata. In Love Lies Bleeding l’inconscio fa capolino, ma resta elemento di secondo piano. Anche nelle svolte palesemente parossistiche ed irreali, l’opera resta saldamente ancorata alla più insana delle realtà. Dove persino l’Amore, quello con la maiuscola, può regalare speranza ma non trionfare come nelle favole o nei film hollywoodiani.
Una visione da non perdere insomma, anche grazie ai convinti e preziosi contributi di un cast ottimamente assortito, tra cui primeggiano una Kristen Stewart (Lou) ormai da tempo avviata sulla strada del cinema d’autore, la rivelazione Katy O’Brian (Jackie) ed un monumentale Ed Harris, nel ruolo dell’ambiguo padre di Lou. Una delle migliori incarnazioni del male, stavolta molto terreno, apparse di recente sul grande schermo.
Dopo la fugace apparizione alla Berlinale 2024 peccato mortale perdersi un’opera di quelle che fanno la loro comparsa, a mo’ di cometa, assai raramente.
Daniele De Angelis