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L’uomo fedele

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VOTO: 6

Woody Allen alla francese

Il regista Louis Garrel, classe il 1983, è figlio del più noto autore francese Philippe. Stimato attore giovane, con alle spalle già una lunga e variegata carriera, ottenne nel 2006 il Premio César come miglior promessa maschile per il film Les amants réguliers (2005) di Philippe Garrel. Quella, però, non fu la sua unica esperienza lavorativa con il padre, anzi, con lui ha collaborato altre sei volte, tra cui nell’opera La gelosia (2014), in cui interpretava una vicenda realmente accaduta al nonno. Tra le altre interpretazioni da menzionare quella in The Dreamers – I sognatori (2003) di Bernardo Bertolucci, Ma mére (2004) di Christophe Honoré e Il mio Godard (2017) di Michel Hazanavicicius, in cui interpreta l’iconoclasta e scorbutico “enfant prodige” della Nouvelle Vague. L’homme fidèle (L’uomo fedele, per l’uscita italiana), visto al Festival Cineuropa#32, è la sua seconda prova dietro la macchina da presa.

Il suo esordio registico nel lungometraggio era avvenuto con Les deux amis (2015), sceneggiato assieme a Christophe Honoré, ed era una storia a tre (due uomini e una donna) che miscelava commedia e dramma, come la vita di tutti i giorni. Con L’homme fidèle, scritto in collaborazione con Jean-Claude Carrière (fedele e raffinato co-sceneggiatore dell’ultimo Buñuel), abbiamo un altro trio di personaggi, ma questa volta composto da due donne e un uomo. Il dramma fa completamente spazio alla commedia, e in alcuni casi tocca anche toni comici (le conversazioni tra Abel e il piccolo Joseph, figlio di Marianne). Con questa seconda regia l’autore si avvicina maggiormente a quella visione della vita, dell’amore e della complicata costruzione di una relazione che ha tracciato il padre con le sue pellicole. Quello che cambia è il tono con cui viene affrontato il tema. Garrel figlio non argomenta con un linguaggio severo e d’investigazione, tracciando una logica dei rapporti e cercando una risposta. In quest’ambito la materia viene affrontata volutamente con un piglio da pochade, quasi volesse essere una “parodia” delle pellicole del padre e rimarcare la farsa che aleggia nella vita quotidiana. Infatti, guardando L’homme fidèle, sembra di assistere a una variazione al contrario di La gelosia, in cui il sentimento di sospetto è declinato con toni molto vivaci. Tutti e tre i personaggi hanno una punta di gelosia, però la nascondono con atteggiamenti infantili (ad esempio la giovane Eve, interpretata da Lily-Rose Depp). Il ménage à trois avviene con il consenso dei tre, ma non ha strettamente carattere erotico, se non quello di prova d’amore. La giovane Eve desidera Abel, che ha sempre amato Marianne che, però, è indecisa se lo ama profondamente. L’innesco di questo esercizio genera intrighi demenziali e scene farsesche, e trasforma Abel quasi in un Antoine Doinel alle prese con gli arzigogolati problemi sentimentali. Questo cambio di umore narrativo e visivo è sottolineato anche dalla fotografia, che nelle opere del padre era fatta di rigorosi bianchi e neri, e qui è confezionata da colori tendenti allo sgargiante e all’infantile, come i personaggi. L’homme fidèle, nella sua voglia di fare una disamina sui rapporti interpersonale con accenti divertenti, si accosta a certe commedie di Woody Allen, seppure manchi di quella raffinata ironia propria del regista newyorkese.

Roberto Baldassarre

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