Chi è senza peccato
Man mano che si avvicinano le tanto attese (o temute, a seconda dei casi) festività natalizie, anche al cinema, si sa, possiamo vedere un nutrito numero di storie ispirate a questo importante periodo dell’anno. Non ha fatto attendere il suo terzo lavoro da regista, ad esempio, l’attore Rolando Ravello, il quale, dopo ben cinque anni dal suo ultimo lungometraggio (Ti ricordi di me, realizzato nel 2013) ha dato vita a La prima pietra, in cui, cavalcando l’onda dei principali temi riguardanti l’attualità, ha messo in scena una piccola commedia dall’impostazione teatrale e che ha luogo esclusivamente all’interno di una scuola elementare.
È il 23 di dicembre. All’interno della scuola diretta dal Preside Ottaviani (Corrado Guzzanti) fervono i preparativi per la recita natalizia, che avrà luogo la sera stessa. A un certo punto, però, un bambino, il piccolo Samir, di origine araba, lancerà, dal cortile, una pietra contro una finestra della scuola, colpendo in pieno la coppia di bidelli (Valerio Aprea e Iaia Forte) che si accingeva a salire le scale. Inevitabile, a questo punto, che la famiglia del ragazzo (e, in particolare, la mamma e la nonna, impersonate da Kasia Smutniak e Serra Yilmaz) venga convocata al cospetto del preside, insieme ai suddetti bidelli e all’insegnante che in quel momento aveva la sua classe in custodia (Lucia Mascino). E così, tra un battibecco e l’altro, vediamo una famiglia araba e una israeliana affrontarsi su un vero e proprio campo di battaglia, insieme a una maestra vegana convinta e a un preside impotente che non ha idea di come risolvere al meglio la faccenda e dare finalmente il via alla tanto attesa recita.
Ciò su cui Ravello ha voluto giocare sono soprattutto gli stereotipi e i luoghi comuni che nascono fondamentalmente da una questione spinosa come può essere oggi quella dell’immigrazione. La famiglia del piccolo Samir, dal canto suo, è emancipata, straordinariamente aperta di mente e perfettamente conscia della possibilità che molti, nei suoi confronti, possano reagire in modo eccessivamente gretto e meschino. E fin qui nulla di strano. Il problema di un lavoro come il presente, però, è proprio il fatto di volersi affidare eccessivamente (e quasi esclusivamente) ai suddetti stereotipi, seguendo la convinzione che essi stessi bastino a portare avanti l’intera messa in scena. Eppure sono soprattutto dialoghi molto deboli e snodi narrativi altamente prevedibili a fare da padroni di casa. Stesso discorso vale per la scena finale, in cui, con una regia ai limiti del posticcio, assistiamo a una forzatissima rissa tra tutti i genitori dei bambini, giunti per assistere alla famigerata recita natalizia.
L’impressione che si ha è che nessuna delle maestranza impiegate abbia avuto realmente voglia di credere nel presente lavoro, il quale, a sua volta, ha dalla sua soltanto un cast ben scelto e ben assortito, con un Corrado Guzzanti che spicca su tutti. Peccato. Dato lo spunto di partenza, infatti, ne sarebbe potuto nascere un lavoro davvero interessante. Sarebbe bastato soltanto dedicarcisi un po’ di più.
Marina Pavido