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Leggere Lolita a Teheran

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VOTO: 5

Essere donna in Iran

Esiste il Cinema ed esiste la realtà. Due entità che possono certo convergere ma anche risultare sin troppo distanziate. A tal proposito il caso di Leggere Lolita a Teheran, trasposizione cinematografica dell’omonimo best-seller di Azar Nafisi (edito nel 2003), potrebbe essere additato a clamoroso esempio di corto-circuito artistico. Perché?
Alla fine degli anni settanta la cosiddetta rivoluzione islamica guidata da Khomeini risvegliò le speranze dell’Iran di ricostruire un Iran vessato da corruzione e scandali. La gente immigrata tornò in patria, avvertendo l’esigenza di dare un proprio contributo. Tra questi anche Azar Nafisi, insegnante di letteratura internazionale emigrata negli Stati Uniti tempo addietro. Il fondamentalismo islamico si diffuse però rapidamente e le libertà, soprattutto quelle femminili, furono oltremodo limitate. La cultura “straniera”, a questo si riferisce il titolo, messa nel mirino e quindi assolutamente proibita. Un gruppo di donne si oppose fieramente a tali nefandezze. Questo l’assunto del romanzo, mantenuto ovviamente da un film scolasticamente esemplare, tanto da ottenere sia il premio al cast femminile capitanato dalla brava Golshifteh Farahani che il premio del pubblico alla Festa del Cinema di Roma 2024, dove è stato presentato nell’ambito del concorso Progressive Cinema. Poi però si deve necessariamente volgere lo sguardo a ciò che sta accadendo attorno a noi, a livello mondiale. Ad una crisi medio-orientale che pare non avere sbocchi e che già costata un prezzo terrificante in termini di vite umane. Leggere Lolita a Teheran è una coproduzione italo-israeliana diretta da Eran Riklis, israeliano nativo di Gerusalemme conosciuto in passato per opere non banali quali La sposa siriana (2004) e Il giardino di limoni (2008). Così Leggere Lolita a Teheran acquista un significato extra-cinematografico tutto da valutare, visto il conflitto in corso che coinvolge direttamente i due paesi, Israele ed Iran. Per il momento fermi a schermaglie militari, ma con la potenza dell’esercito israeliano pronta ad intervenire in maniera più massiccia, allo scopo ultimo di rovesciare un regime che appare come l’ultimo nemico da abbattere per ottenere il predominio assoluto sulla regione. Tutto ciò con lo stolto e inconsulto appoggio di Stati Uniti ed Europa. Che si rifiutano di prendere atto, a scapito delle esperienze passate (Iraq, ad esempio), che le rivoluzioni debbono avvenire dall’interno, mai dall’esterno. Se non sacrificando centinaia di migliaia di vittime al solito definite “effetto collaterale”. E una nuova, moderna, crociata guidata da un tipo quale Benjamin Netanyahu, in tutta franchezza è tra le ultime cose che si vorrebbero vedere al mondo.
Anche per questi motivi diventa impossibile da accettare la lezione di libertà impartita da un cineasta israeliano con un’opera palesemente schierata sul tema “occidente foriero di libertà vs. regime islamico assassino sia in senso fisico che di pensiero”. Le presunte superiorità culturali e morali, assai spesso, hanno condotto inesorabilmente verso disastri di proporzioni incalcolabili.
Anche per tutte le motivazioni di contorno appena espresse Leggere Lolita a Teheran resta un film sbagliato – in quanto scontato e prevedibile nel proprio evolversi narrativo intriso di retorica – realizzato perdipiù nel momento più errato possibile. Quello in cui anche la Settima Arte dovrebbe sentire il bisogno di mantenersi equidistante, confidando che il peggio non accada mai.

Daniele De Angelis

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