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Come gocce d’acqua

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VOTO: 7

In apnea

Per la sua ultima fatica dietro la macchina da presa, presentata alla 19ª Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public in attesa di una futura distribuzione nelle sale, Stefano Chiantini ha scelto un titolo alquanto abusato nell’ultimo periodo, ossia Come gocce d’acqua. Non ci riferiamo ovviamente ai personaggi dei cine-comics di turno, ma al film e al brano omonimi di Paolo Genovese e Mr. Rain. La differenza sostanziale sta però nell’uso che se ne fa e il regista avezzanese, diversamente dai colleghi, ha trovato nella suddetta parola, riassunto e comunicato con la stessa il senso profondo di quanto ha voluto raccontare nella sua nuova pellicola. Messi da parte didascalismo e retorica, il titolo nella sua estrema semplicità lavora di contrappunto sottolineando che i veri supereroi non sono figure dotate di poteri ultraterreni, bensì chi oggigiorno vive le difficoltà quotidiane con dignità. L’eroismo per l’autore sta dunque nelle persone comuni e nella loro capacità di sacrificarsi per le persone che amano. Ecco che quel titolo solo apparentemente banale acquista così un significato calzante, in quanto dichiarazione d’intenti delle tematiche che si è andati a toccare e indagare.
L’opera pone al centro uno sguardo sull’evoluzione emotiva del rapporto, complesso, di un padre con sua figlia. Lo fa con e attraverso le vicende di Alvaro e Jenny. Lei promessa del nuoto, lui camionista e suo primo tifoso. Il loro legame si è incrinato quando l’uomo ha deciso di lasciare Margherita, la madre di Jenny: una scelta che la figlia non riesce a perdonare e che non smette di rinfacciargli. Così il loro rapporto, prima forte e tenero, si è trasformato, riempiendosi di astio e insofferenza. Tutto però cambia quando Alvaro a causa di un malore ha bisogno di cure continue e viene quindi affidato a un badante, una scelta che Jenny fatica ad accettare. Prova ad andare avanti con la sua vita ma alla fine, travolta dagli accadimenti e dalle emozioni, decide di stare vicino al padre. Quell’unione “forzata” diventa però pian piano un modo di riscoprirsi….
In Come gocce d’acqua sono molti i temi universali e dal peso specifico rilevante chiamati in causa e affrontati: dai legami familiari ai rapporti intergenerazionali, passando per la malattia e la crescita. Nel dramma domestico e sociale di base infatti l’autore immette in maniera equilibrata e funzionale all’interno della timeline anche i capitoli di un romanzo di formazione di una ragazza, compresi quelli sentimentali e affettivi. Tanta carne al fuoco che per fortuna Chiantini riesce a gestire senza che la singola argomentazione fagociti l’altra e finisca con il soffocare la narrazione. Il risultato è un film intenso e delicato in cui gli slanci di entusiasmo e spensieratezza della prima parte lasciano spazio agli sguardi muti, feriti e giudicanti di chi sta attraversando una tempesta emotiva inattesa e con la quale è dura fare i conti. Il cuore pulsante del plot sta dunque nel flusso di emozioni cangianti dal quale i personaggi (interpretati da un ottimo e assortito terzetto formato da Edoardo Pesce, Barbara Chichiarelli e dalla giovane promettente Sara Silvestro) vengono attraversati e che provano lungo il percorso di accettazione di se stessi e degli altri. Ed è il lento soffermarsi della cinepresa a consentire a questo “magma” incandescente di far venire fuori il tutto, amplificando e facendo da cassa di risonanza ai silenzi che si creano nella casa e nei vari ambienti.

Francesco Del Grosso

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